venerdì 3 gennaio 2020

Carlo Tavagnutti. Il Corriere gli dedica un articolo. Un bel riconoscimento. Ma è davvero pochino definirlo semplicemente alpinista.

Tavagnutti, 91 anni di gioventù dell'anima e dell'intelligenza, rese così grandi dal tempo vissuto che possiamo entrarci, guardare il mondo attraverso i suoi occhi.E capirne di più. Tanto di più.


di Martina Luciani


Sono felicissima che il Corriere della Sera del 2 gennaio 2020 abbia dedicato un articolo a Carlo Tavagnutti. E nello stesso tempo trovo che chi ha scritto ha perso un' occasione grande di narrazione: quella di un'esperienza di vita che dovrebbe esserci consegnata come modello, come sintesi tra il personale e l'universale, tra la storia individuale e il patrimonio di storie collettive, tra la capacità di guardare con amorevole attenzione e la bellezza che ci circonda.

Carlo, oltre a quanto descritto nell'articolo del Corriere, è depositario di memorie collettive che inglobano in tutt'uno le terre di confine, è custode delle meraviglie naturalistiche, culturali e storiche delle nostre montagne e della gente che ci ha vissuto (oltrechè camminato e arrampicato), è archivio vivente di ricordi ( nomi e cognomi) che grazie a lui hanno ancora un luogo, un sentiero, una cresta, una valletta, un pianoro, un precipizio cui restare collegati.
Carlo ha realizzato un sistema dinamico di osservazione ed elaborazione che tiene in costante rapporto la vetta che pare invincibile quanto il piccolo fiore o l'erba aguzza che spunta dalla neve,  l'impervia roccia solitaria quanto la vecchia casa con il tetto a scandole di legno della val Trenta, il panorama selvaggio quanto la piccola fonte canterina, la solennità dei pinnacoli da cui le aquile ci osservano e il profumo del fieno steso al sole. 
Ma soprattutto questo eccezionale novantenne è sempre stato generosamente capace di mettere tutto a disposizione degli altri: la fotografia, strumento poetico ancor prima che rappresentativo, è uno degli esempi di questa preziosa condivisione. E se gli chiedi: racconta, racconta! lui materializzerà su grande schermo tutto ciò che non hai visto, che hai visto ma non ci hai fatto attenzione, che non sapevi e che pochi sanno, che si è perduto ma lui è capace di ritrovare.

Dopo la sua ultima mostra, nella Biblioteca di Gorizia, ho ricevuto da lui un dono, una fotografia che mi prende e mi porta ( una gola, che pare rischiosa, ma forse solo per la nebbia, a incamminarsi verso il chiarore in fondo si darà il tempo al Sole di dissolvere opacità e dubbi e paure) un momento di Natura che è un mio deja vu, che io stessa ho fotografato, in qualche altrove, ma senza però riuscire a esprimere la risonanza emotiva.
Anche la cornice, l'ha fatta Carlo. E ci ha tenuto a dirmelo. Insomma, questa fotografia è fatta per essere appesa, invece io la sposto di continuo, me la appoggio qua e là tra i libri e le cose più care, così che nel mio mondo distribuisca il suo significato e la sua bellezza.
Adesso ritaglierò (gesto antiquato ma che consiglio a tutti) l'articolo del Corriere. Ho deciso di conservarlo tra le pagine di Volo con l'aquila.
Guardo fuori, sulla via. Magari fra poco passa Carlo in bicicletta, e si fermerà, e gli farò un sacco di complimenti e lui avrà quella sua bella espressione un po' ritrosa e piena di grazia.

Leggete anche qua, se vi va, della mostra di fotografie al Trento Film Festival del 2017: https://piazzatraunikgorizia.blogspot.com/2017/04/alpi-giulie-e-carlo-tavagnutti-al.html

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