Dichiarata incostituzionale la disposizione della legge regionale del FVG che consentiva: "L’attività di recupero è svolta con l’utilizzo dell’arma da parte del recuperatore abilitato, nel rispetto dell’articolo 13 della legge n. 157/1992, ogni giorno della stagione venatoria compreso i martedì e venerdì, senza limiti di orario e fino a due giorni dopo la chiusura della stagione venatoria nell’intero territorio regionale"
di Marilisa Bombi
L’autonomia statutaria della Regione non può spingersi fino al punto di derogare principi inviolabili. Insomma, uccidere un animale non è consentito sempre e comunque. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 2 depositata il 22 gennaio, ha affermato, infatti, che “L’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992, vieta il trasporto di armi per uso venatorio, che non siano scariche e in custodia, nei giorni durante i quali la caccia non è consentita, in particolare nei giorni di martedì e venerdì, «nei quali l’esercizio dell’attività venatoria è in ogni caso sospeso» (art. 18, comma 5, della legge n. 157 del 1992). Il divieto deve ritenersi espressivo della competenza esclusiva dello Stato a determinare standard di tutela della fauna, che non sono derogabili da parte della Regione neppure nell’esercizio della propria competenza legislativa in materia di caccia (ex plurimis, sentenze n. 278 del 2012, n. 151 del 2011 e n. 387 del 2008). È infatti evidente che la facoltà riconosciuta ai recuperatori di utilizzare l’arma durante i giorni della stagione di caccia riservati al cosiddetto silenzio venatorio, e comunque nei due giorni successivi alla chiusura della stagione stessa, si pone in contrasto con la disposizione dell’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992 ed elude il divieto di cacciare in tali giorni, legittimando una condotta che per l’art. 12, comma 3, della stessa legge, costituisce esercizio venatorio.”
Ciò che infastidisce, relativamente alla disposizione
approvata dal Consiglio regionale in piena estate, è non solo che sia stata
utilizzata la legge comunitaria, ovvero la legge attraverso la quale la Regione
adegua il proprio ordinamento alle direttive comunitarie, per inserire la norma
dichiarata incostituzionale, ma che la manina si sia spinta fino al punto da
utilizzare il sistema della cosiddetta “norma intrusa”. Ovvero una disposizione
inserita in un articolo che parla di tutt’altro. Infatti la norma della legge
regionale che regolamenta l’attività del “recuperatore” è stata inserita in un
articolo la cui rubrica è: “cani da traccia”. Insomma, una disposizione che regolamenta
un’attività specifica e che, in alcune regioni, come l’Umbria, è a supporto
dell’attività istituzionale. Del resto, la perfidia degli autori della norma (o dei
suggeritori) che avrebbe potuto agevolare i bracconieri, ha toccato il fondo
nel momento in cui ha utilizzato un termine, quello del “recuperatore” il cui
intento non è certamente quello di assegnare il colpo letale. Infatti, tanto
per fare un esempio, all'ARF Associazione No Profit operante nel Lazio aderiscono
veterinari, biologi e naturalisti, specializzati in fauna selvatica ed esotica.
Ogni socio ARF è un volontario che mette a disposizione il proprio tempo libero
e la propria esperienza a favore di animali in difficoltà. Non certo per
ucciderli.
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