Isonzo
Soča 2016 - n.111
Bello il progetto di ritrutturazione del mercato coperto di Gorizia, ma completamente sconnesso dalla realtà, dalla funzione del
mercato in città, dalle esigenze e dalle speranze di rivitalizzazione urbana “a misura d’uomo”, e invece capace di annichilire economie locali ( eroiche, preciserei) in favore di ipotetici futuri afflussi
turistico mangerecci con una spolverata di aromi enogastroculturalchic.
di Martina Luciani
Il progetto di ristrutturazione del mercato coperto di via
Boccaccio e di tutti i locali commerciali che affacciano su via Boccaccio e
corso Verdi, presentato dalla CCIAA di Trieste e Gorizia, è un colpo al cuore della città.
Bello il progetto, ma completamente sconnesso dalla realtà, dalla funzione del
mercato in città, dalle esigenze e dalle speranze di rivitalizzazione urbana “
a misura d’uomo”, capace di annichilire economie locali ( eroiche, preciserei) in favore di ipotetici futuri afflussi
turistico mangerecci con una spolverata di aromi gastroculturalchic.
Resterà la struttura, insomma, ma non il contenuto: il concetto tradizionale
del mercato cittadino sarà usurpato da una sorta di centro commerciale
enogastronomico di lusso. Che nulla avrà
a che fare con la vita quotidiana della città e dei cittadini, con le
tradizioni della comunità, con il valore sociale e culturale di un luogo che oltre
ad essere un ambito economico è custode di uno dei valori sociali e culturali maggiormente
in via d’estinzione: le relazioni di comunità. E tiene collegate le nostre vite
e le nostre famiglie alle svariate realtà del territorio, di qua e di là del
confine amministrativo tra Stati, dai boschi alla pianura, dalle colline al
mare, e alle sue vocazioni orticole e frutticole, alle stagioni, agli eventi
naturali che determinano di volta in volta la dolcezza di una susina, la
piccola ammaccatura di una zucchina, la pastosità di una albicocca, la
croccantezza di un radicchio; alle sapienze antiche di chi coltiva ortaggi
introvabili nella grande distribuzione e di chi sperimenta nell’orto tecniche “pulite”
per l’ambiente e per la salute; all’esperienza di chi all’alba si reca ai
mercati all’ingrosso e cerca il meglio per accontentare i clienti senza vuotar
loro il portafoglio; ad un sistema dove ci sono pochi imballaggi di plastica e
prevalgono tra gli acquirenti le buone pratiche di riuso di borse e
contenitori.
I commercianti e i contadini ( significa
lavoro e redditi) che mantengono vitale il nostro mercato, spesso sulle orme
dei loro genitori, saranno di fatto esclusi, il sistema di negozi ed esercizi
attorno verràscarnificato, tutto il sistema commerciale del centro perderà uno
dei suoi punti di equilibrio. Saremo
privati di un patrimonio comune, che oggi coinvolge commercianti e clienti nell’alimentare
quel complesso sistema di significati che nessun centro commerciale esclusivo, tanto
meno se di alta enogastronomia, potrà riprodurre e conservare.
Però, accidenti, bisognava aspettarselo. Era il 2014 quando il consigliere
comunale Michele Bressan già paventava che l’intenzione dell’amministrazione
comunale fosse di chiudere il mercato coperto e trasformarlo in “un centro
commerciale urbano, ovvero una grande struttura di vendita, come se ne vedono
tante nella periferia della città e che hanno causato la distruzione del
commercio tradizionale di quartiere.”
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