sabato 21 luglio 2018

Gorizia, 1858 - 2018, 19 luglio: ricordando Julius Kugy, con la sezione goriziana del CAI.

In occasione del 160° anniversario della nascita di Julius Kugy, il 19 luglio la sezione del Cai di Gorizia ha organizzato una commemorazione nel parco Coronini, dinnanzi alla targa che sulla parete di una casa ricorda il poeta delle Giulie, il cantore di una civiltà alpina e di un mondo culturale compositi e plurilingui. Per l'occasione,  Carlo Tavagnutti e Carlo Sclauzero hanno realizzato la bellissima cartolina nell'immagine.

L'introduzione dell'incontro. 






di Marko Mosetti


"Sono nato il 19 luglio 1858 nella Villa Grafenberg del Conte Coronini a Gorizia, quando a Trieste infieriva un'epidemia di colera. Chi sa se la mia predilezione per l'Isonzo, per le Alpi Giulie dalle quali discende, per le acque giuliane che convoglia al mare, in genere per le villeggiature estive, non derivi da ciò? Il battesimo lo ricevetti a Trieste."
Così Julius Kugy in  La mia vita. Nel lavoro, per la musica, sui monti.
Dopo la laurea in giurisprudenza a Vienna si dedicò a proseguire l'attività commerciale del padre a Trieste. Fin da giovanissimo si appassionò di botanica. Fu proprio questa passione a portarlo a contatto con il mondo alpino, con le Alpi Giulie, allora poco o affatto esplorate e conosciute.
"Infiniti aneliti verso le vette mi vennero dal romanticismo di Baumbach (l'autore del poema Zlatorog) che mi infuse nell'anima aperta tutto il romanticismo del suo ricco cuore di poeta e gli aurei tesori della sua poesia": scrive in Dalla vita di un alpinista.
E ancora " Credo davvero di potermi considerare in senso lato un alunno di Baumbach. Basti pensare all'importanza che dovette avere per il mio giovane cuore lo Zlatorog, dove fin dall'inizio il venerando duomo del Triglav sorge come un immenso altare di ogni pia nostalgia e devozione montana."

Come era allora uso comune, si accompagnò nelle sue salite ed esplorazioni con le guide valligiane sia slovene che friulane, senza distinzione di nazionalità. Parlando correntemente il tedesco, lo sloveno e l'italiano, anche grazie al padre carinziano e alla madre, figlia del poeta sloveno Johann Vessel, può certamente essere ascritto come l'archetipo del moderno uomo europeo che, pur fedele alla Patria, è altresì dimentico di confini, divisioni, nazionalismi.
D'altra parte come in maniera illuminata ebbe a scrivere Celso Macor "le nostre montagne erano naturalmente così, per legge di natura, per tradizione, nel sentimento delle genti che le abitano. Le Alpi Giulie non avevano confini, erano di tutti i popoli, erano entrate nella simbologia della gente alpina, erano unione e amore, erano poesia e incontro".
Dopo i monti, l'altra grande passione di Kugy, fu la musica.
Herr Docktor suonava l'organo e ne donò uno, ancora esistente, alla chiesa dei Mechitaristi di Trieste, con il patto di poterlo suonare la sera. Fu inoltre tenore nel Coro Palestriniano e curatore della branca musicale dello Schillerverein. 


Fedele suddito dell'Impero Austro-Ungarico pur dichiarando "Non sono mai stato amico della divisa" e sordo ai richiami del nazionalismo, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, a 57 anni, si arruolò volontario come Alpin Referent proprio sul fronte delle "sue" Alpi Giulie. L'intento era quello di offrire le sue competenze alpinistiche e la sua esperienza non già nell'offesa del nemico ma nel tentativo di preservare le vite dei soldati chiamati a combattere in montagna.
Al termine del conflitto accettò volentieri la nuova cittadinanza italiana venendone ricambiato quantomeno con diffidenza.
Autore e conferenziere noto e apprezzato nel mondo austro-germanico e slavo, ebbe meno fortuna in Italia.
Il suo libro più noto Aus dem Leben eines Bergsteigers venne pubblicato a Monaco nel 1925. Negli anni altri ne seguiranno fino all'ultimo, Aus Vergangener Zeit, che vide la luce proprio alcune settimane prima della morte dell'Autore.

La prima opera di Kugy pubblicata in Italia fu proprio Dalla vita di un alpinista, nel 1932, nella classica e splendida traduzione di Ervino Pocar.
Dopo la morte, nel febbraio 1944, se la memoria di Kugy rimase viva in Austria e Slovenia, non si può dire lo steso per il nostro paese.
Anche Trieste, la città in cui visse, operò e morì, dimenticò quel suo concittadino così scomodo, così poco "italianissimo", così amico di austriaci e sloveni.
Erano gli anni in cui sui monti, che per Kugy non avevano confini, passava la "cortina di ferro" e non era inusuale che attraverso selle e pareti transitassero non già alpinisti ma profughi in fuga dalle dittature dei loro paesi.
Fu in quegli anni difficili e oscuri che da pochi alpinisti carinziani, sloveni e italiani, idealmente uniti nel ricordo del Poeta delle Giulie, scoccò una scintilla che solo dopo molto tempo sarebbe stata riconosciuta per il suo effettivo valore.
Nell'occasione dell'inaugurazione in Val Trenta, nei pressi delle sorgenti dell'Isonzo, ai piedi del monumento dedicato a Kugy, i carinziani Karl Kuchar e Hermann Wiegele, lo sloveno Miha Potocnik, il friulano Giovanni Spezzotti  con Mario Lonzar, per la sezione goriziana del CAI, gettarono le basi per una serie di iniziative transfrontaliere sviluppate in un'ottica di collaborazione fra gli alpinisti delle tre regioni contermini, al fine di riprendere e rendere ancora più attuale il patrimonio ideale e culturale di Kugy.
Era l'anno 1953!

Erano attività per quei tempi rivoluzionarie e in anticipo sui tempi della politica, che però durano tuttora, che non hanno mai smesso di essere attuali, e che hanno dato e continuano a dare importanti frutti. Non solamente in ambito alpino e alpinistico. Iniziative che hanno aperto la strada e segnato il cammino per far si che i tre popoli contermini ritornassero a dialogare e a vivere assieme.
Dopo 35 anni di completo oblio, nel 1967, fu la sezione del CAI di Gorizia attraverso la tenace volontà del Presidente di allora, Mario Lonzar, a promuovere la riedizione dell'opera più significativa, Dalla vita di un alpinista, aprendo la strada per la riscoperta e valorizzazione di Julius Kugy in Italia.
Nel volgere di pochi anni, sempre e solo per iniziativa degli alpinisti goriziani, furono tradotti e pubblicati La mia vita nel lavoro, per la musica, sui monti (1969), Le Alpi Giulie attraverso le immagini (1970), e Dal tempo passato (1980).

Questo fu possibile anche grazie alla generosità e sensibilità del concittadino e grande germanista  Ervino Pocar che donò la sua opera di traduzione alla sezione goriziana del CAI. Gli eredi stessi del dottor Kugy, da Vienna, acconsentirono all'operazione editoriale a patto che il traduttore fosse sempre Pocar, che così bene seppe interpretare la poetica del Cantore delle Giulie.

Non sono passati troppi anni da che in certi ambienti, non solamente alpinistici regionali, la figura di Julius Kugy ha smesso di essere scomoda e ingombrante.
Improvvisamente, con gli sconvolgimenti geopolitici, è diventata addirittura trendy.
Abbiamo assistito allora alla corsa ad appropriarsi di quella figura fino a poco prima sconosciuta o, più probabilmente, volontariamente ignorata, se non disprezzata.
Molti, troppi, hanno tentato di trasformare Kugy, nella migliore delle ipotesi, in un brand commerciale.
I veri cultori appassionati della montagna e delle cose alpine, ed i soci della sezione goriziana del CAI, sorridono con sufficienza a queste piccinerie e continuano e continueranno a ricordare e onorare Herr Docktor, il Signor Dottore, come era conosciuto da tutti tra le nostre montagne.

Marko Mosetti è il direttore responsabile della rivista Alpinismo Goriziano.

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