La stampa oggi pone il focus sulle maggiori difficoltà a "manifestare" di Casapound e Decima Mas in seguito all'approvazione della mozione presentata da PD e Forum Gorizia: interpretazione restrittiva di un atto ben più importante.
di Martina Luciani
Certo, le cerimonie e le comparse pubbliche dei due "soggetti", richiamati nel titolo de Il Piccolo - cronaca di Gorizia, sono un dolore ancor più che un dispiacere per chiunque a Gorizia sia memore di quale sia il pedigree e l'ispirazione che guida costoro a bordeggiare un po' troppo vicini alla memoria storica italiana e ai fondamentali della Repubblica italiana democratica e antifascista.
Ma il senso della mozione per me è soprattutto un'altro: Gorizia lucida e rimette in bella vista la medaglia al valore per la Resistenza, che in effetti, e nonostante sia di oro incorruttibile, pareva parecchio ossidata negli ultimi tempi.
Gorizia ricollega il momento contemporaneo alle sue tragedie novecentesche, alla sua sofferenza, alla sua tenacia per la liberazione dal fascismo e dal nazismo: non è cosa da poco, avere un passato come il nostro, soprattutto quando si crede nella pace e nell'operare condiviso in una terra che è attraversata da un confine nazionale assolutamente innaturale in termini geografici e storici.
Quando si è votata la mozione antifascista si è ripigliato in consiglio comunale quel passato e si è compiuto un ulteriore passaggio dell'elaborazione che, stando a quel che si è sentito, è tutt'altro che conclusa. Che sia stato un voto trasversale spiega bene l'importanza della mozione, e chi si è sottratto l'ha fatto assumendosi una ben triste responsabilità, malcelata da instabili equilibrismi dialettici e storici.
Non si va avanti dimenticando o archiviando a casaccio , come ripetutamente suggerito, si va invece avanti davvero solo mettendo in ordine tutti i tasselli della memoria, senza concessioni a quell'immaginario oscuro e greve di rancori che si nasconde nella parola Patria pronunciata con accento tribale e guerresco. La parola Patria qui risuona con l'accento della nostra parlata goriziana, che traccia e descrive non solo una complessa etimologia, una smisurata genealogia biologica e culturale ma anche una mappa che certifica la nostra appartenenza ai luoghi ed a tutte le relative tragedie. Patria non è un possesso, un dominio, è innanzitutto un'appartenenza; e poi, in uno spazio temporale definito, è una Carta Costituzionale. Quindi non solo un'unione di amorosi sensi, ma un rapporto giuridicamente strutturato da una Legge che è insieme atto creativo e contratto perennemente vigente.
Cittadino è chi riconosce il sovrapporsi armonioso del senso di appartenenza e dell'organizzazione di principi costituzionali. Gorizia è una città antifascista. Perchè la nostra Costituzione è antifascista, ma non solo per questo: i cittadini goriziani hanno lottato per liberarsi dal fascismo e conquistare libertà e democrazia.
Non possiamo pensare alla soluzione dei problemi contingenti e ad un progetto futuro se non passando attraverso un consiglio comunale come quello del 19 marzo 2018. Certo, piacerebbe che antifascista fosse un aggettivo antiquato, un fossile storico, culturale e politico: non lo è, nè in Italia, nè in Europa. Quindi pronunciamolo ed anzi passiamoci sopra un evidenziatore dal colore squillante. Quello è il confine, e non si rilasciano documenti di transito.