Per chi, pur essendo animale da città, ama comunque passeggiare nella campagna circostante, un annuncio: sono ritornati gli aironi
di Marilisa Bombi
Non conoscevo gli aironi prima di averli visti, lo scorso inverno, fermi, anzi immobili, in mezzo a campi e vigne che fiancheggiano le strade comunali e provinciali che ho percorso: quella che da Savogna porta alla statale del Vallone; quella che da San Lorenzo porta a Mariano ..... sopratutto.
Non conoscendolo, perchè mai prima di allora aveva stazionato nelle nostre zone, avevo pensato fosse un animale che vive nei paesi caldi, anche perchè, difatto, l'unico riferimento certo o ricordo che dir si voglia che avevo, era legato a Giorgio Bassani, ferrarese.
Giorgio Bassani, assieme a Cesare Pavese, è uno degli scrittori che più ho amato durante la mia adolescenza e non è un caso, quindi, il fatto che avrei desiderato chiamare mia figlia Micòl, indimenticata protagonista del libro "Il giardino dei Finzi Contini" portato sullo schermo da Vittorio De Sica nel 1970 ed il cui ruolo era stato interpretato dalla eterea Dominique Sanda, mentre quello del fratello Alberto (scelta assolutamente condivisibile) era stato affidato ad Helmut Berger.
L'airone è stato, forse, uno dei libri meno noti di Bassani ed anzi forse il più triste perchè affronta, con 40 anni di anticipo, il problema della depressione, malattia riconosciuta ufficialmente, soltanto di recente. Il libro racconta che al protagonista, davanti alla bottega di un imbalsamatore, torna alla mente un airone ucciso durante la mattutina battuta di caccia e gli pare di sentirsi come il volatile, «senza la minima possibilità di sortita». Immaginandosi morto, il protagonista si sente travolgere da «un'onda improvvisa di felicità» e decide che la sera stessa si toglierà la vita.
La depressione, sentirsi in trappola, senza via di fuga: è questo lo schema alla sua radice. Non importa quale sia la situazione specifica: disoccupazione in età matura, matrimonio in crisi, un mare di debiti o altro. Quel che conta è la sensazione che sta alla base. Ci si sente “chiusi dentro”, come in un ascensore bloccato: una claustrofobia esistenziale, simile a quella per i luoghi chiusi e affollati in cui non si vede l’uscita. Bassani che deve averla provata, per averla anticipatamente e dettagliatamente descritta, ha utilizzato le parole per descrivere ciò che Vincent van Gogh ha fatto utilizzato pennello e colori nel suo bellissimo "Sulla soglia dell'eternità".
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