La panetteria Viatori chiude. Un altro pezzo di storia che se ne va.
di Marilisa Bombi
Magari alle nuove generazioni piace la profumeria Limoni o
Intimissimi, la libreria Ubik e Camicissima. Io, in “C’è posta per te” tifavo
per Meg Ryan. Ma così va il mondo. Magro lamento consolatorio per gli over
anta o giù di lì. Quelli, insomma, che passando davanti al negozio di Finizio
all’angolo tra via Carducci e Seminario rimanevano con il naso attaccato ai
vetri per l’eternità fino a quando la mamma, o la tata, non gli tirava via.
Il
negozio di giocattoli di Finizio, che a metà degli anni 70 era stato ceduto ad
altra impresa, è rimasto aperto ininterrottamente fino a non tantissimi anni
fa, anzi a dire il vero è stato chiuso solo nel 1999. Alla fine del secolo,
insomma, quasi a sancire, inconsapevolmente, la fine di un’epoca. Il negozio
che venne aperto nell’estate del 1942 era stato autorizzato, inizialmente, a
vendere oltre ai giocattoli, anche chincaglierie, mercerie e affini. Chincaglierie è uno dei termini che più di
ogni altro ci rimanda a tempi antichi. Il vocabolario d’oggi, nella sua
razionale semplicità, ci rinvia con brutalità al termine cianfrusaglie. Allora,
chincaglierie erano i nastri di raso da annodare nei capelli, fermagli,
pettinini e bottoni. Insomma, la fiera della vanità. Ed è a Lucinico, al civico
n. 16 che Felice Rodolfo Furlan aprì il primo negozio destinato esclusivamente
alle chincaglierie mentre in città, in Piazza Vittoria, in un negozio che
incredibilmente dopo quasi 90 anni è rimasto sempre uguale, Oscarre Krainer
apriva il negozio di mercerie ed articoli da ricamo. Nel tempo, l’attuale
titolare si è specializzato nel gobelin restando sempre fedele, quindi, non
solo al nome della ditta ma anche al prodotto in vendita. La storia va avanti,
insomma. Ma così non è, invece, per la premiata ditta Viatori che aveva anche iniziato la sua attività più di 80 anni fa e che ha deciso di
chiudere l’ultimo avamposto di quello che era stato un impero: la panetteria di
via duca d’Aosta che sfornava quello che, a mio avviso, era un dolce da Re. E
forse per questo, nostalgicamente, era stato chiamato Franz.
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