domenica 11 gennaio 2015

Risposta all'emergenza profughi: iniziativa prefettizia che risolve uno specifico problema, allarma, non apre alcuna prospettiva organizzativa stabile.

Quaranta persone trasferire all'ala rossa del Cie di Gradisca d'Isonzo: solo per tre giorni, la promessa del Prefetto di Gorizia. La veglia in piazza Vittoria si è svolta comunque: l'emergenza è solo momentaneamente risolta, la Prefettura dica dove verranno accolte le persone che nei prossimi giorni si presenteranno agli uffici di Polizia per richiedere asilo politico.



di Martina Luciani

All'ultimo secondo dell'ultimo minuto utile ( cioè poco prima che i profughi, terminata la cena nella solita sala della Caritas in piazza San Francesco si disperdessero per cercare una sistemazione notturna in giro per la città) è arrivata la decisione: 40 persone al Cara allargato di Gradisca d'Isonzo, garbato tecnicismo per dire che l'ala rossa del CIE è stata aperta per sistemare queste persone.
I volontari si sono comunque ritrovati in piazza
con le candele in piazza ( anche perchè non c'era stato materialmente il tempo di informare tutti delle novità) , assieme a Ilaria Cecot, Laura Fasiolo,don Zuttion, Forum cultura, Essere Cittadini, Sel Gorizia, giornalisti e tanti altri che hanno dato concreta collaborazione, supporto economico e materiale accoglienza ai profughi.
Non riapre il CIE, dunque, ma una parte delle strutture simil carcerarie diventano una dependance del Cara. Per 3 giorni, finchè non si attiva la convenzione con un albergo di Grado e con una struttura individuata a Dolegna del Collio ( la prima soluzione più immediata della seconda).
Una sottolineatura: la risposta della Prefettura è talmente poco originale che poteva arrivare anche venti giorni fa, quando erano state evidenziate le prima difficoltà sul territorio, risparmiando a tanti profughi situazioni ed ai volontari  un Natale di guerra sulla barricata dell'assistenza e della prima accoglienza. In piazza Vittoria, il quadro della situazione è stato delineato in tutta la sua complessità e nei suoi clamorosi limiti.
foto Pierluigi Bumbaca

C'era la senatrice Laura Fasiolo. Alla quale sono stati illustrati alcuni dettagli che fanno comprendere come, in attesa di importanti provvedimenti da parte del Governo e del Parlamento, molte iniziative concrete,dirette ad alleggerire la situazione con gli strumenti normativi attualmente a disposizione, potrebbero essere sviluppate attraverso la Prefettura. Inoltre, alla senatrice ( che ora fa anche parte della Commissione Schengen)  è stato suggerito l'interessante percorso diretto a spostare, con una nuova legge, specifiche responsabilità dell'accoglienza sugli ambiti dei distratti socio sanitari.
C'era il sindaco di Gradisca d'Isonzo, Linda Tomasingig, con l'assessore ai servizi sociali, Francesca Colombo: il peso sulla comunità gradiscana e sull'amministrazione comunale della presenza del Cara nella cittadina è quasi insostenibile. Certo ( e molto responsabilmente) non ci si mette a discutere sulla necessità di togliere dalla strada 40 persone, ma l'ipotesi di ampliare il Cara riutilizzando le strutture del CIE è inacettabile. Tanto più, come hanno sottolineato i rappresentanti della Tenda per la pace e i diritti, la ristrutturazione ha lasciato intatto l'assetto del carcere duro, ricreando un contesto che nulla ha a che fare con l'accoglienza di profughi richiedenti asilo politico. Ma non va dimenticato, ha precisato l'assessore Colombo, che il Comune di Gradisca sostiene le situazioni personali e difficilissime di propri cittadini che sono dipendenti della Connecting People, la cooperativa che gestisce il Cara attraverso una convenzione con la Prefettura, e che non ricevono lo stipendio. Altra grave situazione di violazione di diritti!
C'era l'assessore provinciale con le competenze sull'immigrazione Ilaria Cecot, coinvolta personalmente nella frenetica attività delle ultime ore in Prefettura per la ricerca di una sistemazione ai 40 profughi senza tetto.
C'era don Paolo Zuttion, direttore della Caritas diocesana,giunto dopo aver fatto avanti e indietro pure lui, assieme all'automezzo della Polizia, per trasferire i profughi a Gradisca d'Isonzo: le parole di Paolo VI che ha pronunciato - " Non si può dare per carità quello che deve essere dato per giustizia" - hanno riassunto, in maniera efficace anche per una valutazione del tutto laica della situazione, le caratteristiche dell'emergenza e la prospettiva per risolverla in via definitiva.
C'erano tanti volontari e cittadini: hanno posto ( di fronte al portone chiuso della Prefettura) domande importanti, per le quali attendono una risposta immediata. Prima fra tutte: in assenza di un coordinamento e di modalità definite per la prima accoglienza, i prossimi profughi che arriveranno a Gorizia tornano sulle panchine del Parco in attesa di formare un gruppo abbastanza numeroso da suscitare l'attenzione delle istituzioni pubbliche che hanno la responsabilità di occuparsi di loro?
Perché ad una Prefettura così delicata come quella di Gorizia ( dove serve presenza costante, carisma, convinzioni e doti personali per tenere saldo il bandolo di una matassa molto ingarbugliata)  viene assegnato un prefetto con doppio incarico ( Giuseppe Cingolani, capogruppo PD in consiglio comunale ha fornito un'informazione molto interessante: il prefetto Zappalorto ha chiesto personalmente di essere rimosso da Gorizia!)?
I volontari si sono impegnati pubblicamente sia assicurando il proseguire della collaborazione sul fronte della salvaguardia dei diritti umani ai richiedenti asilo sia su quello della vigilanza rispetto gli impegni della Prefettura: l'ex CIE non è un hub per la prima accoglienza e non può essere utilizzato come Cara allargato.
 

L'attesa per il trasferimento a Gradisca
Di seguito il comunicato emesso ieri sera, cui ha fatto seguito poco dopo la notizia della decisione prefettizia che ha evitato a 40 persone l'onta e il dramma di avvolgersi in una coperta, in un'aiuola di un parco pubblico, per trascorrere la notte.


L’emergenza di 40 persone all’addiaccio: senza la creazione di un meccanismo stabile e coordinato di prima accoglienza a Gorizia la situazione continuerà a riproporsi inevitabilmente.

Le innumerevoli segnalazioni relative alle problematiche sempre più gravi dell’accoglienza dei richiedenti asilo a Gorizia culminano questa sera in una passeggiata notturna in piazza Vittoria, dinnanzi alla Prefettura. Una veglia che riunirà volontari, cittadini, operatori della Caritas, esponenti dell’associazionismo e della politica per comunicare al rappresentante del Governo a Gorizia quanto finora tutte le iniziative, parole e scritti non sono evidentemente riusciti a fare. I profughi, esseri umani ancor prima che richiedenti asilo sottoposti a specifiche tutele e percorsi di riconoscimento, sono titolari esattamente come noi di diritti fondamentali che non possono essere elusi o violati. Questo principio fa parte della nostra Costituzione repubblicana. La duplice richiesta al Prefetto è di attuare quanto previsto dalla legge: affrontare il problema della prima accoglienza una volta per tutte e dare sistemazione alla quarantina di persone che sono prive di qualsiasi tutela umanitaria, ora che è cessata l’opera di accoglienza realizzata di concerto e spontaneamente tra Caritas, volontariato, associazioni, concepita, oltre che faticosamente sostenuta per alcune settimane, nella convinzione che le risposte istituzionali sarebbero giunte quanto prima e che la supplenza delle singole persone alle competenze dello Stato sarebbe stata brevissima.
Non è stato così. Cessata la disponibilità delle sedi provvisorie, da stasera una quarantina di profughi sono in cerca di un ricovero notturno, di un rifugio dal freddo e dalla pioggia, di un bagno e di una doccia. Le persone con le candele in mano, stanotte, rappresenteranno l’istanza legittima dei richiedenti asilo. Inoltre ribadiranno la necessità di rivedere i meccanismi di accoglienza attualmente previsti, realizzando stabilmente un riferimento e un coordinamento ( amministrativo, igienico-sanitario, sociale) per i profughi in attesa di entrare nel percorso di riconoscimento della richiesta di asilo. Senza questo tipo di organizzazione, tempo un mese e ci ritroveremo di nuovo nella stessa identica condizione.




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