di Mauro Barberis
(filosofo del diritto)
Un’amica mi ha chiesto:
ma allora, dopo la sentenza della Corte costituzionale, il Parlamento è
delegittimato? Le ho risposto: magari. In realtà, l’unica cosa indiscutibile è
proprio questa: no, come ha detto la stessa Corte, purtroppo il Parlamento non
è delegittimato, né lo sono, se è per questo, i due precedenti pure eletti con
il Porcellum, né tutte le leggi prodotte dal 2006 in poi. Detto in breve e in
italiano – ma l’idea è tanto antica che si potrebbe anche dire in latino –
neppure Dio può cambiare il passato, facendo che quanto è stato non sia:
figuriamoci se può farlo la Corte costituzionale.
Quando ho risposto alla
mia amica non avevo ancora letto le reazioni dei partiti: specie quelle dei due
partiti padronali, Forza Italia e M5S, entrambi schierati per l’illegittimità
del Parlamento e per l’immediato ritorno alle urne. Capisco la delusione
forzitaliota, capisco sempre meno, le posizioni di Beppe Grillo: ma non
gliel’avevano detto, quando ha invocato il voto con il Porcellum suscitando un
pandemonio anche fra i suoi parlamentari, che la legge non avrebbe passato il
controllo della Corte? Chi lo consiglia in materia costituzionale, l’avvocato,
il commercialista, Paolo Becchi?
Segnalo solo due aspetti di
una sentenza che, in attesa delle motivazioni, pare conforme ai precedenti
della Corte e in linea con le sue competenze di legislatore negativo, qui
esaltate dall’ignavia del legislatore positivo, lo stesso Parlamento. Primo
aspetto, è sfuggita al controllo della Corte la vera porcata del Porcellum: il
sistema elettorale del Senato, disegnato apposta per garantire sempre almeno il
pareggio alla destra e almeno altrettanto irragionevole del premio di
maggioranza e della nomina dei candidati da parte dei partiti.
Secondo aspetto, il
Parlamento non sarà delegittimato, altrimenti lo sarebbe anche la Corte che ha
pronunciato la sentenza, e vivremmo
nello stato di natura: ma, come ripetono Stefano Rodotà e Pippo Civati,
non è neppure legittimato, ammesso che lo fosse prima, a intervenire sulla
Costituzione forzando l’art. 138. Se riesce ad approvare una legge elettorale
decente e magari, sempre rispettando il 138, a cambiare o abolire il Senato,
avrebbe già esaurito quella che, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere la sua
missione. Il Parlamento successivo avrà compiti ancora più urgenti:
ricontrattare con l’Unione europea l’uscita dall’austerità.
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