L’esprimersi
sui quesiti referendari ci direbbe molto sulla visione della funzione pubblica,
sui principi e sull’etica con cui candidato sindaco e compagni di cordata si propongono di governare il Comune
della nostra città.
di Martina Luciani
Il 12 giugno prossimo si vota oltre che per le amministrartive anche per il cosiddetto
Referendum Giustizia: tra i più difficili da comprendere, per quanto sono
tecnici i quesiti, complesse le motivazioni, stupefacente l’alleanza dei
promotori ( Radicali con Matteo Salvini e Lega) e assai poco rassicuranti alcune conseguenze pratiche della vittoria dei si.
Che
la campagna elettorale a Gorizia abbia calato il silenzio su un tema così
importante come quello della coincidenza con il voto amministrativo del voto
referendario è emblematico: decidete voi di cosa.
I temi coinvolti nel referendum abrogativo, se oggetto di
dichiarazioni da parte dei candidati sindaci goriziani (indipendentemente dal fatto che sostengano il si o il no referendario) ci
permetterebbero di comprendere la loro visione generale del diritto,
dell’apparato della giustizia, della pubblica amministrazione: e di conseguenza
ci fornirebbero elementi sulla provenienza politica e culturale, cioè su quella
personalissima cassetta degli attrezzi con cui presumibilmente elaboreranno i
contenuti e gestiranno il previsto e l’imprevedibile del mandato che gli
elettori decidessero di riconoscere loro. Ad esempio cosa ne pensano
dell’art.54 della Costituzione che impone ai cittadini cui sono affidate
funzioni pubbliche di adempierle con disciplina ed onore e che sta sullo sfondo
di un intero decreto del 2012, concepito dal legislatore quale presidio contro
corruzione e malaffare pubblico, del
quale i promotori del referendum chiedono l’intera abrogazione.
Andiamo per ordine.
Uno dei 5 quesiti referendari riguarda l’abrogazione delle norme amministrative
relative all’incandidabilità a cariche
parlamentari, al Parlamento europeo, ai consigli regionali, provinciali e
comunali. Si tratta di previsioni contenute nel
Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, che, insieme ad altri, era
attuativo della legge 190/2012, nota come legge anticorruzione, più
precisamente “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione
e dell'illegalità nella pubblica amministrazione". Il titolo del quesito è
Abolizione del decreto Severino.
La legge 190 e i decreti attuativi, incluso dunque il 235 oggetto di referendum,
seguivano le iniziative promosse già negli anni 90, da diversi organismi
internazionali, dirette a sostenere nuovi approcci nelle politiche nazionali di
contrasto alla corruzione: insomma,
era più che consolidata la consapevolezza su quanto siano devastanti e pericolosi, anche sul piano economico e
socio-politico, i fenomeni corruttivi delle pubbliche amministrazioni e i
legami di queste con la criminalità e con gli interessi economici.
Il legislatore contro la corruzione del
sistema pubblico.
Attraverso importanti convenzioni internazionali, cui anche l’Italia partecipa,
era stata proclamata ben prima del 2012 la necessità dell’approccio multidisciplinare alla
corruzione, non bastando a contenerla e sradicarla il solo diritto penale se a questo non si affianchino
strategie preventive anticorruzione e antimafie, non si istituiscano
meccanismi per garantire l’efficienza e
la trasparenza della pubblica amministrazione e quindi il controllo dei
cittadini sui pubblici poteri, non si eliminino le circostanze utili a
corrompere l’esercizio della funzione pubblica ( ad esempio e banalmente le
situazioni di oscurità, incertezza e
lentezza nelle dinamiche tra utenti e potere amministrativo).
In quegli anni ,
inoltre, sull’Italia gravava la vergognosa fama di Paese
corrotto e defilato rispetto gli standard della legalità europea, con
conseguenze negative sulla credibilità delle istituzioni pubbliche, non solo
dentro lo Stato ma anche nei confronti degli interlocutori internazionali,
mentre si moltiplicavano le indagini penali riguardanti reati a matrice
corruttiva nei piani alti delle pubbliche amministrazioni.
Essenzialmente questo hanno disposto la legge 190 e i decreti attuativi: un
sistema di prevenzione ( tra cui anche l’ Autorità nazionale anticorruzione) e
un meccanismo per modificare mentalità e strategie che producono legami e
infiltrazioni nella pubblica amministrazione oltre che per rendere meno
pervasiva, tra i titolari di cariche elettive e di governo, la scarsa cultura della legalità e l’ ancora
più scarso senso dell’etica pubblica. L’obiettivo
è la lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione e persegue gli
evidenti scopi di impedire le infiltrazioni della criminalità stessa nel mondo
dei poteri legislativo ed esecutivo e di garantire ai cittadini che coloro che
rivestono cariche elettive, sia a livello centrale che ai diversi livelli
locali, siano persone scevre da gravi pregiudizi penali e prive di legami con
gli ambienti della criminalità. A me pare doveroso che si proponga ad un incarico elettivo abbia le idee ben chiare sugli scopi del Decreto Severino, sulla sua coerenza con la legge contro la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione e sul fatto che anche le norme sull'incandidabilità sono una pratica attuazione dei principi dell'art.54 della Costituzione.
A cosa serve il decreto Severino.
Le norme del decreto legislativo 235 sottoposte a referendum abrogativo
richiamano quale presupposto per escludere la candidabilità una serie di condanne definitive , ad esempio
per scambio elettorale politico mafioso o per altri delitti per i quali vi sia
stata contestazione dell'aggravante di mafia, per peculato, malversazione a danno dello Stato,
concussione, le varie declinazioni della
corruzione “pubblica”, abuso di potere eccetera.
Incandidabili anche coloro nei
cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una
misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere a una associazione di
tipo mafioso. Nel caso di procedimento penale iniziato dopo l’elezione e la nomina,
e in attesa della sentenza definitiva, è prevista la sospensione automatica
dalla carica: la Corte Costituzionale, l’anno scorso ha dichiarato legittima
questa norma considerando che “la disposizione censurata, con la previsione di
determinati requisiti di onorabilità degli eletti, mira a garantire l’integrità
del processo democratico nonché la trasparenza e la tutela dell’immagine
dell’amministrazione”.
Sempre l’anno scorso , la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto
che le misure del decreto 235 oggetto ora di referendum abrogativo non sono arbitrarie,
sproporzionate o prive di garanzie procedurali nel quadro della CEDU e che lo scopo perseguito dalle limitazioni è legittimo
in quanto garantiscono un corretto funzionamento della gestione della res
publica, regolano l’accesso alla vita pubblica ai massimi livelli e preservano
il libero processo decisionale degli organi elettivi.
I proponenti del referendum ritengono le norme del decreto Severino strumenti
inefficaci quando non dannosi per i soggetti coinvolti. “Nella stragrande
maggioranza dei casi - si legge sul sito
dei promotori del referendum (https://www.referendumgiustiziagiusta.it/abrogazione-del-testo-unico-in-materia-di-incandidabilita-e-di-divieto-di-ricoprire-cariche-elettive-e-di-governo/)
in cui la legge è stata applicata contro
sindaci e amministratori locali, il pubblico ufficiale è stato sospeso,
costretto alle dimissioni, o comunque danneggiato, e poi è stato assolto perché
risultato innocente. La legge Severino ha esposto amministratori della cosa
pubblica a indebite intrusioni nella vita privata. Che cosa succede se vince il
SI? Con il sì viene abrogato il decreto e si cancella così l’automatismo: si
restituisce ai giudici la facoltà di decidere, di volta in volta, se, in caso
di condanna, occorra applicare o meno anche l’interdizione dai pubblici
uffici.” ( dal sito https://www.referendumgiustiziagiusta.it/abrogazione-del-testo-unico-in-materia-di-incandidabilita-e-di-divieto-di-ricoprire-cariche-elettive-e-di-governo/).
Per contro, l’ex presidente di Anac e procuratore della Repubblica di Perugia
Raffaele Cantone ha recentemente sostenuto sulle pagine di La Repubblica: “È passata l'idea che il decreto Severino
mandi a casa solo i sindaci condannati in primo grado per abuso d'ufficio,
magari poi assolti in Appello. E quindi il referendum è stato pubblicizzato
come lo strumento per evitare danni agli amministratori condannati per fatti di
lieve entità. Invece, se il decreto viene cancellato, ci saranno conseguenze
gravissime per chi ha subito condanne come quelle di mafia". Ancora: "Rivedremmo
soggetti condannati per mafia e per corruzione che potranno svolgere funzioni
pubbliche, come il presidente di una Regione. Una decadenza da senatore come
quella di Silvio Berlusconi non sarà più possibile. Non solo. C'è di più:
“Tutti i condannati definitivi per i quali non è stata prevista anche
l'interdizione dai pubblici uffici potranno candidarsi ed essere eletti, anche
per reati gravi, come l'evasione fiscale". (https://www.repubblica.it/politica/2022/02/17/news/raffaele_cantone_legge_severino_referendum_giustizia-338038959/)