Riflessioni attorno alla gravità dei green claims che ingannano sulle qualità ecologiche dei prodotti e sulla coerenza degli stessi con i principi dell’economia circolare. In Europa il 42 per cento della pubblicità eco friendly è esagerata, falsa o ingannevole.
di Martina Luciani
Abbiamo
letto un po’ ovunque della recentissima ordinanza cautelare del Tribunale di
Gorizia, giudice Francesca Clocchiatti, che ha imposto ad una azienda,la Miko
srl, di rimuovere da tutto il suo apparato comunicativo i messaggi
pubblicitari ingannevoli in ordine ad una tipologia di tessuto sintetico utilizzato
dall’industria automobilistica, considerati operazioni di green washing delle
qualità del materiale e dei processi necessari a produrlo.
Ma forse non è immediato percepire l’innovazione
di questo provvedimento, il fatto che cioè intervenga ad inibire preventivamente
il potenziale “ingannevole” del messaggio pubblicitario, intervenendo in base
alla verifica del pericolo di pregiudizio che non è solo, procedendo dal caso
specifico verso una prospettiva più ampia, la perdita economica causata dalla
concorrenza sleale, e nemmeno solo l’illecita manipolazione del convincimento
del consumatore, ma l’impatto ambientale che il green washing nasconde dietro
un’immagine ingannevolmente positiva.
( Un’utile classificazione delle varianti di green washing la potete leggere
qui).
Il
contesto era quello del ricorso per concorrenza sleale, attivato a luglio scorso da Alcantara
srl, storica azienda del tessile, contro la Miko srl, che conosciamo perché produce
a Gorizia il tessuto Dinamica destinato, con successo, all’industria
automobilistica.
Alcantara srl si è mossa sul piano giudiziale perché ha ritenuto che alcuni
aspetti della green reputation di Miko srl, utilizzati per la promozione del
prodotto di punta (materiale simile al celebre finto camoscio sintetico
brevettato da Alcantara) costituissero concorrenza sleale perché non
verificabile e non attendibili.
Da anni i lettori della stampa locale apprendono che Miko (ad esempio: https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2017/07/19/news/miko-adesso-punta-a-un-ciclo-produttivo-completo-nel-2020-1.15634080),fa una microfibra ecologica, riciclata e
riciclabile: ma ad un giornalista puoi dire quello che vuoi, capirà quello che
può e scriverà come gli pare ( ad esempio che “ Miko rinuncia al carbone” a proposito della certamente lodevolissima iniziativa di riforestazione in un’area
boschiva friulana diretta a catturare, attraverso la fotosintesi, più anidride carbonica di quanta sia stata già
immessa nell’ ambiente dall’attività produttiva, con l’obiettivo di
neutralizzarne l’impatto ambientale e diventare climate positive entro il 2030:
concetto, evidentemente ben diverso da quello finito nei titoli dei media, che
verrà confermato solo quando leggeremo i certificati di compensazione della CO2).
Quando poi ti informi meglio, su questo prodotto ecotutto, scopri che la quantità di materiale riciclato non
copre l’intera produzione ed ha diverse percentuali nelle specifiche
lavorazioni.
E' dovuto il plauso ai manager per aver introdotto questa tecnologia che immette
scarti e rifiuti di plastica nel ciclo produttivo, ma non è corretto lasciar
credere la riduzione del consumo di
energia e delle emissioni di CO2 dell’80% sia rapportabile
all’intera produzione, evidentemente perché il vantaggio ambientale riguarda
solo la quota di materiale riciclato impiegato.
Anche la faccenda del completo riciclo della microfibra prodotta è stata messa
in discussione in Tribunale: perché Miko nella sua narrazione commerciale delle
proprie performance ambientali (inclusa la perla della “scelta naturale”, che per
un materiale realizzato con una fibra sintetica derivata dal petrolio è davvero
audace) insinua qualcosa che non c’è, visto che sul suo stesso sito
afferma che sta valutando le proposte
per riciclare Dinamica a fine vita e trasformarla in prodotti semi lavorati,
come ad esempio pannelli per l’isolamento termico e acustico. Proposito molto
eco friendly, ma al momento non una qualità del prodotto.
Insomma, per tutelare Alcantara dal rischio di un pregiudizio e danno alla sua
posizione sociale nel mercato dei tessuti, il giudice ha ordinato a Miko la
cessazione della diffusione, in qualsiasi forma e contesto, di una serie di claims,
in quanto reputati idonei a influenzare le case automobilistiche nella scelta
dei materiali da utilizzare, senza poter inoltre escludere il condizionamento
dell’acquirente finale nella fase di commercializzazione delle autovetture attraverso
la ripresa a cascata dei claims di Miko. E cioè “La prima microfibra sostenibile
e riciclabile”, “100% riciclabile”, “Riduzione del consumo di energia e delle
emissioni di CO2 dell’80%”, “Amica dell’ambiente”, “Scelta naturale” e
“Microfibra ecologica”. Da rimuovere anche le “informazioni non verificabili ed
ingannevoli sul contenuto di materiale riciclato del prodotto”. Ordinata anche la
pubblicazione dell’ordinanza sul sito di Miko srl.
Di
pubblicità ingannevole son pieni i fossi, ma la pubblicità che inganna sulle
qualità di eco sostenibilità e sul livello di tolleranza da parte dell’ambiente di
prodotti e servizi a me pare abbia un’aggravante molto seria, perché turlupinando
il consumatore ruba il futuro a tutti, anche a coloro che con lo specifico contesto
ingannevole nulla hanno a che fare. Per la semplice ragione che sorregge
meccanismi di produzione che inquinano, sfruttano le risorse naturali, violano
il diritto ad un ambiente salubre, compromettono i bisogni delle generazioni
future e aggravano il conflitto tra specie umana e Natura.
L’ordinanza del giudice Clocchiatti richiama, nell’articolata motivazione,
anche il Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale del 2014, in
particolare quell’art.12 che stabilisce che la comunicazione commerciale che
dichiari o evochi ( già, è nell’ evocare si sostanzia la più raffinata tecnica
dell’inganno) deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente
verificabili. In realtà il fenomeno patologico del green washing si sta
estendendo perché i supposti “vanti ambientali” diventano frasi di uso comune,
prive di concreto significato ai fini della caratterizzazione e differenziazone
dei prodotti, utili però a fuorviare la percezione del pubblico.
E’ interessante a questo punto dare un’occhiata in una dimensione più ampia.
Ancora nel 2007 la Commissione europea
ha prodotto il libro verde sugli
strumenti di mercato utilizzati a fini di politica ambientale, al quale sono seguiti
innumerevoli documenti e atti normativi europei per sviluppare l’utilizzo di
sistemi economici nell’ambito delle azioni di tutela degli ecosistemi. Per
mettere d’accordo economisti e ambientalisti, imprenditori ed ecologi e salvare
il salvabile dell’ambiente.
Oggi gli strumenti che l’Europa
predispone in campo economico sono direttamente funzionali agli obiettivi della
politica ambientale comunitaria. In quest’ambito, rilevano come fondamentali l’informazione
e l’orientamento dei consumatori quali
presìdi nelle dinamiche di mercato per
condizionare i potenziali inquinatori, sfavorendo l’interesse per i prodotti
privi di requisiti ecologici e favorendo quelli che hanno una reputazione
virtuosa in termini di impatto ambientale ed ecosostenibilità.
Le ecolabel o altri tipi di certificazione ambientale privatistici, gli
ecobilanci aziendali o l’adesione volontaria a codici di autodisciplina
ambientale sono esempi, formalizzati e non, di una specifica azione di informazione
sulle qualità “green” e sulla conformità a determinati standard di eco compatibilità dei prodotti; e
sono anche meccanismi che rendono possibile il controllo e la scelta consapevole
da parte dei cittadini.
Poi però c’è il problema della fiducia, o meglio della fiducia tradita.
Perché il
marketing verde ha ben capito che le sollecitazioni ecologiche piacciono ai
mercati, e non ha molti scrupoli ad attuare il greenwashing, che non è solo un
modo di attuare pratiche commerciali sleali per imbrogliare la gente, ma anche una tattica
che vanifica il ruolo che l’UE riconosce ai consumatori quali co-protagonisti
della riconversione ecologica dell’economia.
Così afferma la nuova Agenda dei consumatori
che ha da poco compiuto un anno: La Commissione intende garantire che i
consumatori abbiano a disposizione sul mercato dell'UE prodotti sostenibili e
dispongano di informazioni migliori per poter operare una scelta consapevole.
L'anno prossimo presenterà una proposta intesa a fornire ai consumatori
migliori informazioni sulla sostenibilità dei prodotti e a combattere pratiche
quali il green washing o l'obsolescenza precoce. La Commissione
promuoverà inoltre la riparazione e favorirà prodotti più sostenibili e
"circolari". La transizione verde non può avvenire senza le imprese:
la Commissione è determinata a collaborare con gli operatori economici per
incoraggiarli ad assumere impegni a favore di un consumo sostenibile, al di là
di quanto richiesto dalla legge.
A gennaio 2021 Commissione europea e le autorità nazionali di tutela dei
consumatori hanno pubblicato i risultati di uno screening sui siti web, indagine
che viene effettuata annualmente per individuare violazioni del diritto dell'UE
in materia di tutela dei consumatori nei mercati online. Per la prima volta,
l'indagine si è focalizzata sul green washing, analizzando le affermazioni
ecologiche online in vari settori economici, quali abbigliamento, cosmetici e
elettrodomestici. A parere delle autorità nazionali di tutela dei consumatori
nel 42 % dei casi vi era motivo di ritenere che le affermazioni fossero
esagerate, false o ingannevoli e potessero potenzialmente configurare pratiche
commerciali sleali a norma del diritto dell'UE. L’incremento degli imbrogli dipende dal fatto
che un numero sempre maggiore di consumatori vuole acquistare prodotti
rispettosi dell'ambiente e climaticamente neutri.
Ma Green Deal e green washing non è che vadano molto d’accordo. Mettiamoci
anche l’obsolescenza precoce e la non riparabilità dei prodotti e si capisce
subito quanto lavoro ci sia da fare per garantire
che i consumatori riescano effettivamente ad esercitare tutti i loro diritti e
abbiano un ruolo decisivo nella transizione dell’economia e della società a
livelli realmente eco compatibili.
Molto interessante. Grazie
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