Si svolgerà all'Auditorium di via Roma, il 6 febbraio, con inizio alle 20.30, l'incontro con Adriano Sofri. Introdurrà la presentazione del libro "Il martire fascista" il direttore della Biblioteca Statale Isontina di Gorizia prof. Marco Menato.
di Martina Luciani
Ringrazio Anna Di Gianantonio che mi ha permesso di
utilizzare la sua ottima recensione de “Il martire fascista” per dare notizia dell’incontro
goriziano con Adriano Sofri, organizzato all’Auditorium da Renato Fiorelli.
Edito da Sellerio di Palermo, il libro di Sofri, che nel sottotitolo reca “ Una storia equivoca e terribile”, “racconta molte cose e le mette in relazione, legando quello che accadde durante il ventennio fascista nella vecchia provincia di Gorizia, persa dopo la Seconda guerra mondiale, alla guerra in Jugoslavia, alla visita di Mussolini in Sicilia, alla morte dell’anarchico Pinelli. E lo fa con l’accuratezza dello storico, la consultazione dei documenti d’archivio, i colloqui con studiosi, testimoni, parenti, e la curiosità del viaggiatore che si sposta nei luoghi che cita, guardando monumenti, lapidi, chiese e visitando i paesi sloveni a ridosso del confine di Gorizia fissato con il Trattato di Pace del 1947.”
Spiega Di Gianantonio: “Ne esce un quadro drammatico della politica di Mussolini nei territori annessi dopo la Prima guerra mondiale, quando ci si rese conto che le terre “redente” erano abitate da sloveni e croati che non intendevano rinunciare alla propria lingua e identità nazionale. Il “fascismo di frontiera” fu diverso rispetto al regime che si affermò nel resto del Paese per il carattere marcatamente razzista nei confronti delle minoranze etniche e linguistiche.” Ne conosciamo purtroppo tante di queste storie,stanno ancora negli archivi delle memorie familiari di molti di noi che hanno radici nel 900 goriziano.
(Tra l’altro proprio a febbraio ricorre l’anniversario della morte di Lojze Bratuž, insegnante di musica, attivo divulgatore della cultura slovena e direttore di cori sloveni nel Goriziano, pestato e torturato atrocemente dai fascisti fino a morirne,nel 1937, nell’ospedale che si trovava dove oggi ha sede la caserma Massarelli, alla Casa Rossa.)
Nella sua ricostruzione, Adriano Sofri ricorda gli antefatti e il contesto in cui avvenne l’omicidio dell’odiato maestro Francesco Sottosanti, nativo di Piazza Armerina in provincia di Enna, insegnante a San Daniele del Friuli che si trasferì nel paese sloveno di Vrhpolje/ Verpogliano per adempiere alla missione di italianizzazione, missione che giustificava agli occhi del regime fascismo anche atti di inusitata violenza nei confronti degli scolari e delle loro famiglie.
Il colpo di scena di questo racconto è che il maestro crudele in verità non era Francesco, ma il fratello Ugo: né italiani né sloveni ritennero di dover rivelare lo scambio di persona e Sofri avrà certamente modo di spiegare perché al pubblico goriziano. .
Anna Di Gianantonio anticipa un altro filone narrativo, che sicuramente animerà il dibattito: “E Piazza Fontana cosa c’entra? Il figlio del martire fascista Francesco Sottosanti, Nino il “mussoliniano”, fu accusato di essere il sosia di Pietro Valpreda e di avere compiuto lui la strage alla Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana. La tesi del sosia è smentita dalle ricostruzioni di quanto avvenne nel tragico giorno, in cui a compiere l’attentato furono gli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura.”
Tutta la recensione del libro di Sofri è su PULP - Quotidiano dei libri.
Edito da Sellerio di Palermo, il libro di Sofri, che nel sottotitolo reca “ Una storia equivoca e terribile”, “racconta molte cose e le mette in relazione, legando quello che accadde durante il ventennio fascista nella vecchia provincia di Gorizia, persa dopo la Seconda guerra mondiale, alla guerra in Jugoslavia, alla visita di Mussolini in Sicilia, alla morte dell’anarchico Pinelli. E lo fa con l’accuratezza dello storico, la consultazione dei documenti d’archivio, i colloqui con studiosi, testimoni, parenti, e la curiosità del viaggiatore che si sposta nei luoghi che cita, guardando monumenti, lapidi, chiese e visitando i paesi sloveni a ridosso del confine di Gorizia fissato con il Trattato di Pace del 1947.”
Spiega Di Gianantonio: “Ne esce un quadro drammatico della politica di Mussolini nei territori annessi dopo la Prima guerra mondiale, quando ci si rese conto che le terre “redente” erano abitate da sloveni e croati che non intendevano rinunciare alla propria lingua e identità nazionale. Il “fascismo di frontiera” fu diverso rispetto al regime che si affermò nel resto del Paese per il carattere marcatamente razzista nei confronti delle minoranze etniche e linguistiche.” Ne conosciamo purtroppo tante di queste storie,stanno ancora negli archivi delle memorie familiari di molti di noi che hanno radici nel 900 goriziano.
(Tra l’altro proprio a febbraio ricorre l’anniversario della morte di Lojze Bratuž, insegnante di musica, attivo divulgatore della cultura slovena e direttore di cori sloveni nel Goriziano, pestato e torturato atrocemente dai fascisti fino a morirne,nel 1937, nell’ospedale che si trovava dove oggi ha sede la caserma Massarelli, alla Casa Rossa.)
Nella sua ricostruzione, Adriano Sofri ricorda gli antefatti e il contesto in cui avvenne l’omicidio dell’odiato maestro Francesco Sottosanti, nativo di Piazza Armerina in provincia di Enna, insegnante a San Daniele del Friuli che si trasferì nel paese sloveno di Vrhpolje/ Verpogliano per adempiere alla missione di italianizzazione, missione che giustificava agli occhi del regime fascismo anche atti di inusitata violenza nei confronti degli scolari e delle loro famiglie.
Il colpo di scena di questo racconto è che il maestro crudele in verità non era Francesco, ma il fratello Ugo: né italiani né sloveni ritennero di dover rivelare lo scambio di persona e Sofri avrà certamente modo di spiegare perché al pubblico goriziano. .
Anna Di Gianantonio anticipa un altro filone narrativo, che sicuramente animerà il dibattito: “E Piazza Fontana cosa c’entra? Il figlio del martire fascista Francesco Sottosanti, Nino il “mussoliniano”, fu accusato di essere il sosia di Pietro Valpreda e di avere compiuto lui la strage alla Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana. La tesi del sosia è smentita dalle ricostruzioni di quanto avvenne nel tragico giorno, in cui a compiere l’attentato furono gli ordinovisti veneti Franco Freda e Giovanni Ventura.”
Tutta la recensione del libro di Sofri è su PULP - Quotidiano dei libri.