NOI SIAMO QUA.
MI SMO TU.
A Natale dovrebbero manifestarsi, anche nella più laica delle comunità, le intenzioni e le speranze per un mondo migliore, per una fratellanza nel progettare e agire collettivo che assicuri a tutti di vivere bene e di avere futuro, salute, sicurezza, benessere. Invece quest'anno, a Natale, i cittadini di Gorizia protestano, per un progetto che giudicano l'apoteosi della prevalenza degli interessi economici privati sull'utilità sociale, sui diritti fondamentali delle persone ( salute, ambiente, lavoro), sulla garanzia ad essere ben amministrati.
di Martina Luciani
In una intervista che circola sui social il sindaco di Gorizia, cercando di fronteggiare il pubblico e crescente malcontento per l'operato di questa sua amministrazione, ha invocato per tutti, come auspicio natalizio, la salute: che senza quella, tutto il resto vale niente.
Ed ha ragione, apprezzo e lo ringrazio, ma è una dichiarazione che è clamorosamente contradditoria con quanto,da anni ormai, è stato opposto alle istanze dei cittadini che non vogliono industrie insalubri sotto casa, che pretendono uno sviluppo rispettoso dell'ambiente e della salute, che non intendono cedere la qualità della vita a speculazioni imprenditoriali.
E cioè: gli impianti a biomasse tra i quartieri residenziali, l'impianto di rifiuti che non dovrebbero stare dove sono stati autorizzati, le centraline fantasma per il rilevamento dell'inquinamento, la zona industriale desertificata che pur di dimostrare che ha senso l'esistenza in vita dell'attuale Consorzio per lo sviluppo economico locale è disposta ad accogliere qualsiasi progetto, la centrale termoelettrica a gas, l'indecente rifiuto di dare un seguito alla petizione sulle industrie insalubri, l'impossibilità di discutere sul serio di riconversione ecologica delle attività economiche industriali ( creando reali posti di lavoro e dando certezze alle famiglie goriziane),l'ipocrita utilizzo dell'espressione green economy per spacciare intrallazzi tra politica e speculazioni, l'assenza completa di consapevolezza ambientale, l'ignoranza pervicace delle emergenze ecologiche e climatiche, la sconcezza dell'aver reso completamente fasullo il concetto della partecipazione democratica della città alle scelte che la riguardano.
Domani 22 dicembre, alle 11, dalla piazza di Sant'Andrea, si snoderà una marcia che è stata intitolata Noi siamo qua - Mi smo tu. Considerata l'ampiezza e l'importanza della questione che muove la protesta, aggiungerei anche, in friulano e in dialetto goriziano, Noaltris sin ca - Noi semo qua.
Questo il testo del comunicato.
Noi siamo qua, perché una comunità per vivere, crescere i
propri figli, sviluppare attività occupazionali e di sussistenza, ha bisogno di
un territorio sano. Il quartiere di Sant’Andrea, dagli anni ‘70 del secolo
scorso, ha subito l’espropriazione e l’occupazione di più della metà del suo
territorio, 1.500.000 m2, per lasciare il posto all’autoporto, all’autostrada e
alla zona industriale, con grande sacrificio in termini di cementificazione,
emissioni nocive in atmosfera, inquinamento acustico e sottrazione di terreni
fertili.
Noi siamo qua, perché il consumo del territorio di
Sant’Andrea continua: Ministero, amministrazione comunale e regionale hanno,
ognuno per la propria competenza, autorizzato l’insediamento dell’ennesimo
impianto industriale impattante per l’ambiente: la centrale termoelettrica da
148 MWt a gas metano.
Noi siamo qua, perché questa ennesima centrale non serve né
al quartiere né alla città, essendo progettata non al servizio della rete
locale, ma solo al fine di sopperire eventuali fluttuazioni nazionali nella
produzione di energia elettrica. Essa è troppo vicina all’area abitata,
sembrerebbe ricadere dentro la fascia di rispetto del fiume Isonzo, è fonte di
emissioni acustiche oltre che di emissioni in atmosfera anche di gas serra, non
sono previsti il recupero e l’utilizzo dell’energia termica prodotta, ha una
scarsa ricaduta occupazionale.
Noi siamo qua, perché l’attuale amministrazione comunale non
ha voluto nemmeno che si portassero in aula consigliare le due petizioni
popolari, supportate da più di 3.000 firme, per una riconversione ecologica
dell'attuale zona industriale, oggi riservata solo alle industrie più inquinanti,
quelle di prima classe, e non alle attività artigianali e priva della
obbligatoria regolamentazione del Piano di classificazione acustica comunale.