Non esiste nessuna ragione di urgenza perché la Camera provveda all’ultima e definitiva votazione di una riforma che dovrebbe entrare in vigore nel 2023. Al contrario è indispensabile far precedere la riforma costituzionale da una profonda modifica della legge elettorale vigente, che va cambiata proprio per mantenere in vita le garanzie della rappresentanza politica, visto che la riduzione del numero dei parlamentari, incrementando notevolmente l’ampiezza dei collegi, accresce la distanza fra gli eletti e gli elettori.
Comunicato del Coordinamento per la democrazia costituzionale.
Roma,9 settembre 2019
Nel suo discorso programmatico il Presidente Conte ha
ribadito l’intenzione di “chiedere l'inserimento nel primo calendario utile
della Camera dei deputati del disegno di legge costituzionale che prevede la riduzione
del numero dei parlamentari – precisando che- questa riforma dovrà essere
affiancata da un percorso volto a incrementare le garanzie costituzionali e di
rappresentanza democratica, anche favorendo l'accesso democratico alle
formazioni minori e assicurando, nello stesso tempo, il pluralismo politico e
il pluralismo territoriale. In particolare, occorrerà avviare un percorso di
riforma quanto più possibile condiviso del sistema elettorale, avviando
contestualmente un percorso per incrementare le garanzie costituzionali, di
rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale.”
Non è accettabile l’idea che prima di tutto debba procedersi
alla riduzione dei parlamentari per poi passare in un secondo momento a
delineare un nuovo sistema elettorale e procedere ad ulteriori modifiche della
Costituzione
In realtà non esiste nessuna ragione di urgenza perché la
Camera provveda all’ultima e definitiva votazione di una riforma che dovrebbe
entrare in vigore nel 2023. Al contrario è indispensabile far precedere la
riforma costituzionale da una profonda modifica della legge elettorale vigente,
che va cambiata proprio per mantenere in vita le garanzie della rappresentanza
politica, visto che la riduzione del numero dei parlamentari, incrementando
notevolmente l’ampiezza dei collegi, accresce la distanza fra gli eletti e gli
elettori.
La riduzione del numero dei parlamentari renderebbe
palesemente incostituzionale la legge elettorale vigente, comprimendo il
pluralismo e provocando una inaccettabile distorsione fra la volontà espressa
dagli elettori ed il risultato in termini di seggi.
Per mantenere viva la rappresentanza “assicurando il
pluralismo politico e territoriale”, l’unica strada è quella di adottare un
sistema elettorale proporzionale, che garantisca ai cittadini l’eguaglianza
nell’espressione del voto e la libertà di scegliersi i propri rappresentanti e
quindi non e' accettabile raddoppiare di fatto l’attuale soglia di accesso alla
Camera.
E’ inaccettabile il rilancio del maggioritario, propugnato
da voci, pur autorevoli, del centro sinistra.
L’introduzione in Italia di sistemi maggioritari, a partire
dal 1994 è stata fondata sulla previsione dell’avvento di un sistema politico
fondato sul bipolarismo. Le elezioni del 2013 hanno squarciato la camicia di
forza del bipolarismo imposta al popolo italiano, dimostrando che il pluralismo
politico non può essere soffocato con artifici elettorali.
Insistere nella pretesa di ottenere attraverso le elezioni
l’investitura di un governo, comporterebbe una inaccettabile mortificazione
delle garanzie della rappresentanza e, in questa fase politica, agevolerebbe
l’avvento al governo di soggetti politici che si trovano al di fuori del
perimetro della Costituzione.
Non è questa la democrazia che i padri costituenti avevano
promesso al popolo italiano quando scrivevano che la sovranità spetta al popolo
e che tutti i cittadini hanno diritto di concorrere a determinare la politica
nazionale.
Chiediamo che si avvii con urgenza un serio e meditato
processo di riforma del sistema elettorale, subordinando ad esso la riforma
costituzionale in itinere.
Inoltre occorre ben altro coraggio nel rivedere le proposte
sul regionalismo differenziato.
E' stato un grave errore dare spazio alla Lega per norme che
sposano posizioni particolaristiche, contro l'unità del nostro paese e a danno
del Mezzogiorno che in quella logica verrebbe abbandonato a sé stesso.
Il problema non è solo giungere a una equilibrata
distribuzione delle risorse evitando la cd “secessione dei ricchi” in una
chiave di eguaglianza dei diritti. È infatti anche decisivo l’argomento che il
separatismo nordista pone le regioni economicamente più avanzate del paese in
una posizione di sostanziale subalternità rispetto alle economie dei paesi
forti d’Europa. È una condizione di debolezza la cui pericolosità è in specie
evidente nell’attuale fase, segnata dal rallentamento dell’economia tedesca.
Bisogna invece superare il divario Nord-Sud riprendendo la politica dell’Italia
come piattaforma logistica centrale in una prospettiva euromediterranea.
Eguaglianza dei diritti e Italia protagonista, e non
periferia estrema dell’Europa. In questo doppio scenario trova oggi il suo
pieno significato la formula costituzionale dell’unità della Repubblica.
Infine occorre un confronto aperto per fare delle nuove
posizione sull'Europa della maggioranza un punto di forza per rivedere
l'austerità, con il rilancio di politiche di sviluppo europeo.
Questi impegni saranno possibili se il nuovo governo
supererà ogni idea di autosufficienza della politica per ridare centralità al
confronto con le parti sociali e per aprire sedi di confronto sulle scelte da
compiere con associazioni, esponenti della cultura e della società.
Per queste ragioni chiediamo di essere ascoltati dalla
maggioranza e dal governo.
Il presidente del Coordinamento,
Massimo Villone.
Il presidente del Coordinamento,
Massimo Villone.
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