Sono oltre 200 le centraline idroelettriche in Friuli-Venezia Giulia e non si fermano le richieste per l’autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti, molti dei quali di piccola taglia (meno 1 Mw), nefasti per i corsi d'acqua e i bacini idrografici in cui vanno ad interferire. Una manifestazione sul tema ad ottobre, il Patto per l'Autonomia invita amministratori, associazioni e cittadini.
di Martina Luciani.
Di fronte ai numeri che fotografano la crescente situazione di sfruttamento dei piccoli bacini idrici montani, il Gruppo Consiliare del Patto per l’Autonomia sollecita un intervento forte della Regione per bloccare la costruzione di altre microcentraline nei torrenti di montagna "dove il danno ambientale supera di gran lunga i benefici che derivano dalla loro realizzazione". Il capogruppo del Patto per l’Autonomia in Consiglio regionale, Massimo Moretuzzo, evidenzia qualcosa che purtroppo sappiamo bene: i profitti generati dalla produzione di energia elettrica non rimangono sul territorio, a beneficio delle comunità locali – se non in minima parte –, ma finiscono per arricchire società extraregionali.
Da tempo, gli impianti di piccola taglia preoccupano i territori dove queste installazioni si concentrano. Le comunità del Bellunese, della Valle d’Aosta, della Valtellina, del Trentino e del Friuli hanno più volte evidenziato come il mini idroelettrico comporti danni al territorio, a partire dalla riduzione del deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua. Anche l'Isonzo, che ha già i suoi gravi problemi di deflusso, incredibilmente irrisolti attraverso l'ottenimento da parte del gestore sloveno della diga di Salcano di maggiori e e diversamente distribuiti rilasci di acqua, è oggetto di attenzione da parte degli imprenditori del mini idroelettrico: fatto che agli ambientalisti goriziani proprio non sta bene.
In più, il meccanismo degli incentivi pubblici, sovvenzionato dai cittadini attraverso le bollette dell'energia, è particolarmente appetitoso. Sullo sfondo il grande e malsano equivoco: l'incentivazione statale alla produzione idroelettrica si fonda sul presupposto che l'energia da da fonti rinnovabili sia "sostenibile" per l'ambiente, la salute della popolazione, il paesaggio . Il minidroelettrico è accalarato che reca danno all'ecosistema e al patrimonio naturale che appartiene alla collettività, senza vantaggi significativi in termini di produzione elettrica e in termini di benefici economici per le comunità.
Moretuzzo chiede alla Regione Friuli Venezia Giulia di sospendere temporaneamente le concessioni a derivare e le autorizzazioni alla realizzazione di nuove centraline.
"Si scelga di salvaguardare l’ambiente e di non realizzare opere i cui benefici non giustificherebbero l’impatto sul territorio. Si scelga di gestire le risorse e i beni comuni, come acqua, energia e paesaggio, che appartengono a tutti, a beneficio delle comunità e dei territori nelle quali quelle risorse si trovano".
Moretuzzo ricorda anche che è in fase di elaborazione il Decreto interministeriale di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.Val la pena di notare che il testo attualmente disponibile on line reca un'unica indicazione relativa alle acque in chiave ecosistemica, e lo fa richiamando la direttiva europea 2000/60CE: l'obbligo di conservare e ripristinare la buona qualità delle acque e di impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali. Lo schema ricorda anche la procedura di indagine aperta dalla Commissione a carico dell'Italia per violazione della direttiva acque e ritiene "di dover ammettere agli incentivi solo gli impianti idroelettrici in possesso di determinati requisiti, che consentano la produzione elettrica senza prelievi aggiuntivi dai corpi idrici". Questa che ho trovato è una garanzia sufficiente affinchè le speculazioni realizzate grazie agli incentivi sul mini idroelettrico smettano di essere la prassi travestita da green economy per svendere i nostri fiumi e rii?
Se ne parlerà sicuramente alla manifestazione organizzata a fine ottobre dal Patto per l'Autonomia, alla quale sono invitati a partecipare cittadini e amministratori locali, associazioni ambientaliste e comitati territoriali impegnati nella difesa dei corsi d’acqua regionali.
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