La richiesta di ulteriori strumenti legislativi ha una problematica enorme di fondo: non servirebbe un apparato ipertrofico di norme se fossimo un paese onesto, pervaso dal senso civico e dal rispetto del bene comune, dei diritti delle persone e degli interessi collettivi. Con un minimo di formazione ecologica, magari.
di Martina Luciani
La legge sugli ecoreati, che ha introdotto nel codice penale italiano una serie di norme, si sta rivelando ottimo strumento per far emergere, perseguire e contrastare ( salvo comunque il talento italico riassumibile in "fatta la legge, trovato l'inganno") i reati contro l'ambiente.
Nel rapporto 2018 di Legambiente sulle ecomafie sta in fila una serie impressionante di dati esemplificativa della capacità a delinquere - e produrre ricchezza in maniera illecita ed a spese di ambiente e salute pubblica - di singoli e imprese. Io non so se l'attività criminale sia in aumento, a sopperire l'asfissia del PIL e la crisi economica, preferisco ritenere che gli strumenti normativi esistenti siano entrati a pieno regime, nonostante le criticità ancora esistenti, nei contenuti e nelle necessità di coordinamento.
Tra le indicazioni operative del rapporto, due sollecitazioni sono emblematiche della condizione in cui ci troviamo.
La prima: tanto la legge sugli ecoreati quanto quella che istituisce il sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente sono contrassegnate da uno dei più ipocriti escamotage del legislatore italiano, la clausola di invarianza di bilancio. Si creano strumenti innovativi ed efficaci, ma non si mettono i fondi per farli funzionare appieno. Ma è evidente, detta in soldoni, vista la capacità a delinquere espressa dalle ecomafie, e dal non irrilevante resto della criminalità ambientale di cui siamo dotati, che servono poderose risorse per trasformare il vigente sistema del Bel Paese, che per sostenersi e crescere abusa e devasta l'ambiente, con dentro anche le persone. Trasformarlo in cosa: in un meccanismo virtuoso, che renda insieme sostenibile e competitivo lo sviluppo del territorio, che renda normale la salvaguardia delle risorse, l'oculatezza della gestione del patrimonio ambientale, la preoccupazione per il futuro climatico, la convinzione che ambiente e salute umana sono strettamente in relazione.
La seconda: i dettagli contradditori del groviglio normativo vanno corretti. Nello specifico contesto, e con riferimenti ai reati ambientali contravvenzionali, l' istituto giuridico della non punibilità per particolare tenuità dell’offesa rischia di vanificare molti procedimenti aperti. Il Rapporto di Legambiente chiede che venga esclusa l’applicabilità della norma al caso dei reati ambientali: che significa, come si usa dire, tolleranza zero quando di mezzo ci va l'ambiente.
Il resto leggetelo qui: https://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/legambiente-presenta-il-rapporto-ecomafia-2018
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