La storia dell’Europa unita non è stata scritta
solamente da uomini: il contributo
femminile al processo di unificazione è stato notevole ed importante, sotto
ogni punto di vista, teorico, politico e culturale, ovvero nella costruzione
sentimentale dell’idea di un’Europa unita e di un’identità europea ( " L'Europa è una questione d'anima!"
Una importante pubblicazione del Senato della Repubblica, disponibile on line.
di Stefano Cosolo
Il 9 maggio si
celebra la Festa dell’Europa. La data scelta è quella dell'anniversario della
storica dichiarazione, nel 1950 a Parigi, dell'allora ministro degli Esteri
francese Robert Schuman, nella quale
espose la sua idea di una nuova forma di cooperazione politica per l'Europa, necessaria
per scongiurare in futuro un’altra guerra tra le nazioni europee.
Ma la storia dell’Europa unita
non è stata scritta solamente da uomini. Sebbene anche nella celebre firma dei
Trattati, avvenuta a Roma, il 25 marzo 1957, non fosse presente alcuna donna,
il contributo femminile al processo di unificazione è stato notevole ed
importante, sotto ogni punto di vista, teorico, politico e culturale, ovvero
nella costruzione sentimentale dell’idea di un’Europa unita e di un’identità
europea.
Un interessante
pubblicazione che ricorda alcune delle
protagoniste del processo di unificazione europea è edita dal Senato della
Repubblica e si intitola “Donne che
hanno fatto l’Europa” (2017), scaricabile all’ indirizzo web http://www.senato.it/4596?pubblicazione_anno_pubblicazione=2017 a cui rimando per una lettura più approfondita e completa.
Da questa
pubblicazione, come da altri studi e ricerche, emergono anche molte “madri”
dell’Europa unita, tra queste si ricordano, ma l’elenco è tutt’altro che
esaustivo, Anna Siemsen, Louise Weiss,
Ada Rossi, Ursula Hirschman, Fausta Deshormes La Valle, Simone Veil, Marga
Klompé, Christiane Scrivener, Katharina Focke, Colette Flesch, Eliane
Vogel–Polsky,
Sofia Corradi.
Di seguito
alcuni brevi accenni relativi a due di
queste donne, Anna Siemsen e Louise Weiss, le quali cominciarono a
parlare e a scrivere di scuole comuni, moneta comune, mercato comune un secolo
fa, quando l’Europa si trovava ancora
nel mezzo del dramma della Grande Guerra.
Anna Siemsen (1882-1951), deputata
socialista al Reichstag, esule in Svizzera negli anni del nazismo al potere e figura
chiave del Movimento Socialista per gli Stati Uniti d’Europa nella Germania del
dopoguerra.
Anna, una
tranquilla insegnante nelle scuole femminili dell’Impero, in seguito alle
tragiche vicende della Grande Guerra che coinvolsero anche la sua famiglia,
divenne una convinta pacifista, europeista e socialista. Pedagogista per
vocazione predicò un sistema scolastico che avesse “il bambino come punto di
partenza” e la “comunità umana come punto di arrivo”. È la sua convinta idea
della necessaria ricerca di una “pace europea” che la resero famosa in tutto il
continente, pace che poteva trovarsi solamente realizzando in Europa una
comunità pacifica, plurilingue, plurireligiosa, pluriculturale, curiosa e
aperta all’altro, che si sarebbe lasciata alle spalle l’autoritarismo, il
militarismo, il nazionalismo, l’odio per il diverso e, inevitabilmente, la
guerra.
Sicuramente
un’«antesignana», come la definisce la sua biografa Francesca Lacaita (“Anna
Siemsen. Per una nuova Europa. Scritti dall’esilio svizzero”, F. Lacaita, Franco Angeli edizioni, 2010) e anche una visionaria, non solo per «la modernità del suo approccio che
anticipa per certi versi in maniera sorprendente i modi in cui si pensa e
s’immagina oggi l’Europa», ma anche per i temi trattati, più che mai attuali: la convivenza tra
culture e religioni, la costruzione consapevole di un’identità comune ma
rispettosa della diversità, un’unione che non sia solo dettata dagli interessi
dell’economia e della grande finanza, ma anche e soprattutto, diceva e scriveva
Anna, «dal diritto e dalla libertà».
Louise Weiss, (Arras 1893 - Parigi 1983) politica, femminista e intellettuale francese fu tra le prime donne a intravedere, già verso la fine degli anni Venti, la possibilità della costruzione di una Europa comune, di un mercato comune, di una moneta unica, di una comune identità culturale europea.
Seguì le proposte del ministro degli esteri francese A. Briand e fondò e diresse, negli anni Trenta, la rivista L'Europe nouvelle, sostenendo da un lato il riavvicinamento tra Francia e Germania, dall'altro, con la costituzione dell'associazione "La Femme nouvelle" la lotta per le pari opportunità, la dignità politica per le donne francesi e la conquista del voto, ottenuto il 21 aprile 1944 con un'ordinanza firmata dal generale Ch. de Gaulle.
«Mi sembra, in
questo momento, di aver attraversato questo secolo e solcato il mondo solo per
venire incontro a voi come innamorata dell’Europa…». Questa è la voce di
Louise Weiss, a Strasburgo, il 17 luglio del 1979. Aveva ottantasei anni e una
lucidità straordinaria. Era una leggenda vivente – giornalista, scrittrice,
cineasta, viaggiatrice, fotografa – che quel giorno diventava, sia pure per
poche ore, la prima Presidente del primo Parlamento europeo eletto a suffragio
universale diretto. In qualità di decana dell’Assemblea, ossia la più anziana,
spettava a lei la parola. Quelle pronunciate da Louise Weiss furono parole sull’Europa piene di poesia e di visioni, di
passione e di speranza : «Questione d’anima! L’Europa è una questione d’anima!».
Tra le
altre protagoniste del processo di unificazione europea raccolte nella
pubblicazione del Senato, ci sono anche Marga Klompé, l’unica donna eletta
nell’Assemblea della CECA del 1952, Christiane Scrivener, diventata nel 1989
la prima commissaria alla fiscalità, Eliane Vogel–Polsky, l’avvocato che ha
portato davanti alla Corte di giustizia la mancata applicazione dell’articolo
119 del Trattato di Roma sulla parità di salario tra i sessi, Sofia Corradi,
soprannominata "mamma Erasmus" in quanto ideò e costruì il programma Erasmus per
l'interscambio degli studenti fra le università europee: donne che hanno
creduto e perseguito con convinzione
l’idea che l’unità dell’Europa e la riconciliazione tra
i sopravvissuti dei terribili conflitti bellici fossero l’unica risposta in grado di
restituire una speranza alle future generazioni.
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