Da 15 a 36 mila euro la sanzione per gli esercizi della grande distribuzione (con più di 5000 mq di superficie di vendita) che, sfidando la Regione, decideranno di rimanere aperti domani primo novembre. E, in caso di recidiva, è prevista anche la chiusura del negozio da un minimo di 5 ad un massimo di 20 giorni.
di Marilisa Bombi
Quanto una prova di forza contro lo Stato è sinonimo di capacità
progettuale, di efficienza, di tutela di una Comunità? Se ci si dovesse
limitare a prendere in considerazione la vicenda tragico-comica dell’obbligatorietà
delle chiusure domenicali o comunque festiva imposta dalla Regione con la legge
4 di quest’anno la domanda sarebbe addirittura pleonastica. Ciò che comunque è
certo e dimostrabile, è il fatto che i comuni sono stati lasciati da soli a
fronteggiare una situazione che ha dell’incredibile, al solo riassumere gli
eventi che si sono succeduti. Ed oggi i telefoni degli uffici regionali dai quali molti comuni speravano di avere anche solo un minimo di indicazioni operative, hanno suonato a vuoto.
1. Legge regionale 8 aprile 2016, n. 4, dal ridondante
titolo: “Disposizioni per il riordino e la semplificazione della normativa
afferente il settore terziario, per l’incentivazione dello stesso e per lo
sviluppo economico” con l’articolo 1, ha disposto la chiusura generale di tutti
i negozi nelle seguenti giornate festive: 1 gennaio, Pasqua, lunedì
dell'Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 25 e 26
dicembre. L’obbligo decorreva dal primo ottobre di quest’anno. E ciò nell’auspicata
ipotesi che a livello nazionale si procedesse in maniera analoga. Soprattutto in
relazione al fatto che già la Corte costituzionale, nel decidere a proposito di
leggi analoghe approvate da altre regioni, ne avesse dichiarata l’incostituzionalità,
in relazione al fatto che la libertà di decidere se rimanere chiusi o alzare la
serrande è una scelta di concorrenza la cui competenza è dello Stato e non
delle regioni.
2. Infatti, il Presidente del Consiglio
dei Ministri (ovvero Matteo Renzi
che è anche segretario del PD la cui vicesegretaria è la Presidente della
Regione Debora Serracchiani) ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la
norma in questione; ciò in quanto “La disciplina uniforme degli orari e dei
giorni di apertura degli esercizi commerciali attiene, infatti,
alla materia «trasversale» della concorrenza, di
competenza esclusiva dello
Stato; sicche' l'autonomia normativa
regionale, neppure speciale,
non puo' esercitarsi in modo da
incidere su tale disciplina.”.
3. E non è un caso, pertanto, se le modifiche proposte allo
Statuto per il Trentino Alto Adige, contenute nel disegno di legge costituzionale 2220, presentato all’inizio di quest’anno, prevedono, appunto, l’assegnazione
alle province delle competenze in materia commercio, ivi comprese l’urbanistica
commerciale e la disciplina degli orari delle attività commerciali.
4. Alcuni comuni decidono, per dovere di correttezza, di
informare gli operatori commerciali presenti sul territorio delle novità
legislative in materia di orari ed una impresa impugna davanti al Tar FVG la
nota in questione. Il tribunale amministrativo decide, con decreto del 27
ottobre, di accogliere l’istanza cautelare, sospende l’efficacia della
comunicazione del Comune e fissa per la trattazione collegiale la camera di
consiglio il prossimo 23 novembre. Anche se (nda) c'è da chiedersi sul senso dell'impugnativa, tenuto conto che l'obbligo della chiusura discende dalla legge e non dalla comunicazione del Comune.
5. Mentre pare che il vicepresidente della Regione Sergio
Bolzonello abbia invitato i comuni a far rispettare l’obbligo di chiusura dei
negozi, Federdistribuzione, l’associazione alla quale aderiscono le grandi
strutture di vendita, per il tramite dei propri legali, ha inviato a tutti i
comuni una nota, nella quale, invita “a voler consentire l’apertura degli
esercizi commerciali nelle dieci giornate di chiusura indicate dall’art. 1
della L.R. n. 4/2016, a partire dal 1 novembre 2016 e per le successive
giornate del 25 e 26 dicembre, 1 gennaio, Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25
aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 25 e 26 dicembre’ in attesa
che la Corte Costituzionale riconosca l’illegittimità costituzionale della L.R.
Friuli Venezia Giulia 8 aprile 2016 n. 4.” E aggiunge: “Un eventuale esercizio
del potere sanzionatorio da parte degli Enti in indirizzo costituirà ragione di
segnalazione del comportamento comunale all’Autorità Garante della Concorrenza
e Mercato in quanto inteso a introdurre una grave discriminazione fra operatori
commerciali operanti sul territorio friulano.”
Ma nel concreto, che succede se le serrande, contrariamente
a quanto previsto dalla legge regionale, in odore di incostituzionalità, non
vengono tenute abbassate?
Le sanzioni sono pesantissime e sono stabilite dal comma 5
bis dell’articolo 80 della legge regionale 29/2005, così come successivamente
modificata.
In pratica: La
violazione delle disposizioni in materia di giornate di chiusura degli esercizi
di commercio al dettaglio in sede fissa, di cui agli articoli 29, 29 bis e 30,
è punita con una sanzione amministrativa da 6.000 euro a 15.000 euro, qualora
la violazione sia imputabile a esercizi con superficie di vendita fino a metri
quadrati 1.500; con una sanzione amministrativa da 10.000 euro a 24.000 euro
per esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 1.500 e fino
a metri quadrati 5.000; con una sanzione amministrativa da 15.000 euro a 36.000
euro per esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 5.000.
Non solo, ma, come dispone il comma 11 del medesimo articolo 80,
In caso di recidiva,
oltre all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente
articolo, aumentate fino a un terzo, il Comune dispone la sospensione
dell'attività di vendita per un periodo compreso fra cinque e venti giorni.
Qualora la recidiva riguardi la violazione delle disposizioni in materia di
regime degli orari dell'attività di vendita al dettaglio in sede fissa di cui
agli articoli 29 e 30, il Comune dispone la sospensione dell'attività di
vendita da sette a trenta giorni. Qualora l'attività venga svolta durante
questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all'esercizio di
attività senza la segnalazione certificata di inizio attività o senza la
prescritta autorizzazione.
Nessun commento:
Posta un commento
Se inserisci il commento in un vecchio post, invia una mail alla redazione, in modo che se ne possa informare i lettori.