La questione delle chiusure festive dei negozi attira, o forse distrae, l'attenzione dei consiglieri regionali in un ddl a favore del commercio e delle associazioni di categoria
di Marilisa Bombi
Dovrebbe iniziare domani, in Consiglio regionale, la pantomima che ha come soggetto gli orari di vendita nei negozi o meglio le chiusure obbligatorie. Per quanto mi riguarda, sono stata sempre contraria alla liberalizzazione degli orari e, a questo proposito, partendo da alcune interessanti considerazioni del sociologo Sabino Acquaviva, il quale amaramente osservava come il “centro commerciale sia la cattedrale simbolica di questa nuova società in cui gli individui vengono educati a diventare consumatori adatti ad un sistema economico in cui è indispensabile produrre, retribuire chi produce, affinché consumi e quindi produca” ho sviluppato, tempo fa, alcune considerazioni a proposito. Ma il tempo passa, i costumi cambiano e mutano anche i comportamenti delle persone e non si può non tenerne conto.
Strano comportamento, peraltro, quello del Consiglio
regionale della Regione Friuli Venezia Giulia che, nel tempo, ha fatto sì che il
Friuli Venezia Giulia sia al vertice nel rapporto tra abitanti e superficie di
esercizi della grande distribuzione, salvo, poi, cercare di tutelare il
commercio tradizionale impossibilitato a fronteggiare la concorrenza spietata
di ipermercati e centri commerciali. Si vedrà l'esito del dibattito ma pare proprio che gli orari siano stati l’argomento
“civetta” che ha distratto i consiglieri da quello che, dalla lettura del
disegno di legge, pare essere il clou delle novità:
ovvero i finanziamenti previsti dall’art. 100 (Contributi per lo sviluppo delle
micro, piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio) determinati nella misura del 50 per cento
delle spese sostenute per una pluralità di investimenti, che vanno dall' acquisto
di
arredi e attrezzature, automezzo compreso, al canone di locazione. Insomma, non soltanto agevolazioni per micro imprese che possono essere ricondotte al
commercio tradizionale, tenuto conto del numero di addetti (non superiore a 10) ed un fatturato oppure
un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro, ma anche alle imprese con 250 dipendenti ed un fatturato di 50 milioni di euro. E' qualcosa di sinistra?
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