lunedì 19 ottobre 2015

Bici e auto, pedoni e bici: a Gorizia non prevale la sicurezza



Piste ciclabili o percorsi promiscui? Sia ben chiaro: il Comune di Gorizia non può attribuirsi il fatto di aver realizzato delle piste ciclabili, perché ciò non corrisponde al vero. E ciò rileva soprattutto nell’ipotesi in cui abbia richiesto ed ottenuto, a tal fine, dei contributi pubblici


 di Marilisa Bombi

Trasformare un marciapiedi in pista ciclabile è sufficiente per poter affermare che è stata soddisfatta la domanda che parte dagli amanti delle due ruote, diventata, volutamente una lobby di pressione? La risposta è ovviamente retorica, ma pare sia stata invece proprio questa la strada seguita dal Comune di Gorizia che, lungi dal rispettare le linee guida statali, ha tracciato il percorso sui marciapiedi ritenendo con ciò di aver fatto il meglio che si poteva. Ma basta guardare a qualche centinaio di metri, al di là del confine, per avere un buon esempio di come si dovrebbe invece operare in sicurezza e non mettendo a rischio l’incolumità dei cittadini.

Un Paese che produce. Con 657 aziende, l'Italia è il primo produttore in Europa di biciclette (20 per cento market share) e di accessori (32 per cento market share), nonostante questo si colloca al 4° posto per biciclette vendute in Europa in termini assoluti, ma solamente al 19° posto per numero di biciclette vendute ogni 100 abitanti/anno (2,9 ogni 100 abitanti nel 2011): ovvero -72 per cento rispetto alla Danimarca, -51 rispetto alla Gran Bretagna, -43 rispetto alla Germania e -30 per cento rispetto alla media europea". Insomma, l'Italia è il primo produttore europeo, ma vende meno di 3 bici per 100 abitanti. Così, già da un paio d’anni, si sono messi attorno a un tavolo il movimento #Salvaiciclisti e rappresentanti dei costruttori, associazioni e parlamentari. "Per fare come in Europa". Ma non sempre, evidentemente, il risultato è all’altezza delle aspettative e delle norme che, a proposito dei percorsi promiscui pedonali e ciclabili e percorsi promiscui ciclabili e veicolari, sono estremamente dettagliate.

Cosa dice la legge.  L’articolo 4 del decreto 30 novembre 1999, n. 557, Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili, infatti, puntualizza che “I percorsi promiscui pedonali e ciclabili, (e non quindi le piste ciclabili nda) identificabili con la figura II 92/b del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sono realizzati, di norma, all'interno di parchi o di zone a traffico prevalentemente pedonale, nel caso in cui l'ampiezza della carreggiata o la ridotta entità del traffico ciclistico non richiedano la realizzazione di specifiche piste ciclabili. I percorsi promiscui pedonali e ciclabili possono essere altresì realizzati, previa apposizione della suddetta segnaletica, su parti della strada esterne alla carreggiata, rialzate o altrimenti delimitate e protette, usualmente destinate ai pedoni, qualora le stesse parti della strada non abbiano dimensioni sufficienti per la realizzazione di una pista ciclabile e di un contiguo percorso pedonale e gli stessi percorsi si rendano necessari per dare continuità alla rete di itinerari ciclabili programmati.”

Un cattivo esempio. Ebbene, con riferimento alla via Giustiniani, ad esempio, la larghezza della strada ben avrebbe consentito di creare una apposita pista ciclabile, evitando di causare i disagi e pericoli che costantemente vengono denunciati dai residenti della zona. Il percorso promiscuo, infatti, è stato realizzato utilizzando il marciapiede sul quale hanno accesso tutti i carrai delle numerosissime abitazioni prospicienti la via. Ed è agli occhi di tutti che, per come è strutturato il percorso, colui il quale deve uscire dall’area privata ed immettersi sulla viabilità comunale, è privo di qualsiasi possibilità di evitare lo scontro con l’eventuale ciclista che in quel momento transita lungo il percorso. Hanno pensato a questo problema i tecnici comunali o i professionisti incaricati che hanno ideato la soluzione? I dubbi sono più che leciti, a meno che il problema della sicurezza, a Gorizia, sia posto in secondo piano rispetto al “bisogno” di fare comunque.


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