Impianto a biomasse della Rail Service, in città. Uno, anzi due, con l'aggiunta di un'installazione per il riciclo di alluminio. Parecchia confusione e clima teso. Vista la rilevanza del problema, che ha già prodotto una significativa mobilitazione di cittadini contrari al progetto, la Provincia potrebbe, come fatto per A2A di Monfalcone e rigassificatore Smart gas, commissionare uno studio scientifico specifico per fugare i dubbi e le resistenze. Suoi e nostri.
di Martina Luciani
La Conferenza dei servizi, sulla base del parere negativo del Consiglio Comunale di Gorizia, ha negato l'autorizzazione alla realizzazione del progetto Rail Nord. La società proponente ha impugnato il diniego dinnanzi al Tar e il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia , con la sentenza 172 depositata il 7 aprile scorso, ha dato ragione all'imprenditore. L'ha fatto affermando che il Comune ha utilizzato criteri diversi da quelli meramente urbanistici, che sarebbero gli unici a competergli, e che in caso di parere contrario la successiva pronuncia spetta alla Giunta provinciale e non alla Conferenza dei servizi. Quindi illegittimo il parere del Consiglio comunale e illegittimo il diniego all'autorizzazione da parte della Conferenza dei servizi, perché nel caso specifico avrebbe dovuto pronunciarsi la Giunta provinciale.
Qua si apre, a titolo di premessa, un interessante prospettiva di ragionamento,
visto che il Consiglio di Stato ha
recentemente, e nuovamente, ribadito (sentenza n. 4731/2014) che la
pianificazione urbanistica deve essere intesa in senso ampio, ovvero che, per
mezzo della disciplina dell'utilizzo delle aree, vadano realizzate anche
finalità economico-sociali della comunità locale (…) nel quadro del rispetto e
positiva attuazione di valori costituzionalmente garantiti”, tra cui il diritto
alla salute”.
Nel frattempo, in attesa della sentenza del Tar, la Rail
Service ha presentato un secondo progetto per una centrale a biomasse nello
stesso identico sito, l'area ferroviaria dietro via Trieste e a pochi passi
dall'abitato di Sant'Andrea e di Sant'Anna, a 700 metri dal centro cittadino,
descrivendolo come fortemente migliorativo rispetto il precedente, sul piano
ambientale e su quello paesaggistico ( a chi si chiedesse: non si poteva far
subito? la risposta è: evoluzione della tecnologia!) Progetto che sobbolle
sopra una pignatta riempita alla rinfusa dei più vari ingredienti, provenienti
dalla storia A ( il primo progetto) e dalla stessa storia B ( il secondo
progetto). Anche il nuovo progetto è stato
cassato dal Consiglio comunale, prima della sentenza del Tar. Inoltre Rail service intende costruirne un
altro impianto a biomasse, a poca
distanza, verso la rotonda di Sant’Andrea: una zona che era classificata come
commerciale e che poi è diventata idonea ad insediamenti produttivi. Tutti
sanno che la costruzione di quest'ultimo è subordinata alla realizzazione di
quello nell'area ferroviaria.
Prima questione: le responsabilità penali, amministrative e contabili.
Qualcuno paventa una
responsabilità personale degli amministratori chiamati a pronunciarsi sul
secondo progetto alla luce del pronunciamento del TAR sul progetto A: nel senso che i fini
risarcitori richiamati nella sentenza
sembrano avere uno strano effetto, quasi
riverberassero a mo' di intimidazione sul percorso autorizzativo del secondo.
Che definizione potremmo dare al condizionamento ideologico
che questa prospettiva (decisamente artefatta visto che senza un fine
risarcitorio il Tar non avrebbe potuto pronunciarsi sul ricorso) produce sulla
valutazione del secondo progetto da parte degli amministratori? Piuttosto che
soffermarsi in maniera cosi' curiosa solo su questi contenuti processuali,
meglio sarebbe considerare che volenti o nolenti Nel primo caso, visti gli
interessi economici in gioco, è molto probabile che la ditta interessata
impugnerà nuovamente la decisione finale negativa. Nel caso opposto, invece,
ovvero nel caso in cui la Giunta provinciale concedesse il suo assenso nonostante
il niet comunale, penderebbe sulla stessa la spada di Damocle dell’abuso di
ufficio, a meno che il provvedimento della Giunta provinciale non sia
adeguatamente motivato dal punto di vista tecnico. Senza tenere conto,
peraltro, che in questo caso potrebbero essere le associazioni ambientaliste ad
impugnare il provvedimento davanti al Tar. Ora la palla passa alla Giunta
provinciale, la quale ha comunque di fronte una situazione a rischio
processuale. Ascoltate le
argomentazioni espresse in sede di Conferenza
dei servizi avrà di fronte due strade: la prima è quella di confermare il
diniego del Comune per incompatibilità urbanistica; la seconda è quella di
capovolgere il verdetto del Comune.
Seconda questione: l'ultimo progetto include qualcosa di
nuovo oltre alle migliorie tecnologiche, e cioè un impianto per il riciclaggio
dell'alluminio. Mica poco, non si tratta di un gazebo per lo zucchero filato.
Ma sull'impatto di questo secondo insediamento industriale sappiamo poco, le
stesse prescrizioni dell'Azienda sanitaria ( che riconoscono la centrale come
azienda insalubre e ne subordinano l'avvio alla realizzazione di un generico
sistema di teleriscaldamento, così da compensare, sempre molto genericamente,
le emissioni di cui sono ben noti gli effetti cancerogeni) non ne fanno
menzione.
Sta di fatto, tuttavia, che
il D.M. 5 settembre 1994, “Elenco delle industrie insalubri di cui all'
art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie” individua gli stabilimenti di
questo tipo quali industrie insalubri di prima classe.
Terza questione: la Provincia di Gorizia ha dimostrato molta
diligenza relativamente alla centrale a carbone dell'Enel e al rigassificatore
Smart Gas, giungendo a commissionare un poderoso studio a scienziati e tecnici
di chiara fama.
L'insediamento di una centrale a biomasse e annesso impianto
per il riciclo dell'alluminio, a 150 metri da un silo nido e dalle case dei
cittadini, dovrebbe meritare analogo approfondimento, soprattutto in relazione
alle conseguenze del parere conclusivo che, in un modo o nell'altro lascerà
molti scontenti
Quello che non cambia nell'intreccio tra progetto A e
progetto B è il filo rosso costituito dalle quasi 700 firme di cittadini già raccolte ( da Essere
Cittadini, Forum per Gorizia, Skultura, gruppi ambientalisti e Comitato) e depositate in occasione del dibattito sul
progetto A: in una zona residenziale, a una manciata di metri da asilo nido,
scuola materna, abitazioni, esercizi commerciali, un impianto che la legge
definisce " industria insalubre", destinato a produrre energia con
cui alimentare un secondo impianto per il riciclo dell'alluminio, senza nemmeno
significativi riscontri occupazionali, non lo vuole nessuno. Per capirci: anche
i Tir viaggiano con emissioni stabilite entro limiti massimi dalla legge, ma
chi vorrebbe averne due sotto casa, in sosta con i motori accesi 24 ore su 24?
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