Nella home page di Bora.la , il titolo "A Trieste e a Gorizia siamo jugonostalgici " ci fa rimbalzare all'articolo apparso su L'Huffington Post il 23 aprile.
Sostengono gli autori Matteo Tacconi e Ignatio Maria Coccia, supportati dall'intervista ad un autotrasportatore locale, che Gorizia è orfana della frontiera e delle varie forme assistenziali che hanno sostenuto l'imprenditoria locale e che il tuffo definitivo nella decadenza economica è avvenuto con l'ingresso nell'Unione Europea di quei Paesi che prima avevano interesse ad aprire sedi e filiali in città e in provincia. Il capoluogo isontino viene descritto come mutilato dei suoi quartieri orientali che scivolarono in Jugoslavia " dopo la seconda guerra mondiale, andando a costituire il nucleo originario di Nova Gorica, che crebbe in seguito secondo le logiche dell’edilizia socialista" e che oggi è una attrezzata capitale del vizio. Siccome i clienti italiani latitano, gli imprenditori sloveni recuperano ottimi clienti in Cina. Nostalgia anche a Trieste, dove però gli autori elaborano un fondamentale concetto: "le frontiere aperte è vero che hanno bruciato lavoro, è altrettanto evidente che ne hanno creato dell’altro, sgravando le esportazioni dai dazi e favorendo la crescita di diverse aziende: quelle che hanno saputo adeguarsi in fretta al cambiamento. "
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