Una classe di Scienze umane si trasferisce in atrio accanto al compagno che non può salire in classe.
di Martina Luciani
Ti sentirai disabile ed emarginato e frustrato quanto più attorno a te ci saranno le condizioni e la logistica che te lo ricordano, imponendoti limiti e difficoltà, escludendoti dalla vita di ogni giorno e dai gesti più semplici. Come andare a scuola.
Questa è la prima considerazione che viene in mente dopo l' educata protesta attuata da una classe del Liceo delle Scienze Umane: non riuscendo un loro compagno a raggiungerli in classe - l'ascensore non funzionava e il servoscala non regge il peso della carrozzina - i ragazzi hanno pigliato sedie e libri e insieme al professore l'hanno raggiunto lì dove la serie invalicabile di gradini l'aveva fermato.
Il problema non è di chi - nome, cognome, comune, provincia, regione, assessorato o competenza, partito, - sia la responsabilità dell'ascensore che spesso si guasta, della rampa che non è mai stata realizzata, del sollevatore inadatto alle moderne carrozzine, della sicurezza nelle scuole.
Questi sono gli aspetti contingenti di questioni di ordine generale. Questioni sul metodo con cui una comunità ritiene di evolvere tenendo saldi i suoi fondamenti: uguaglianza, coesione, solidarietà, rispetto. Proviamo a elencarne qualcuna. Perché chi ha le responsabilità se ne dimentica ed è necessaria la protesta pubblica e clamorosa, e magari anche fastidiosa, per rinfrescare la memoria; perché proprio gli amministratori che assistono alla costruzione di un folle ascensore in Castello non riflettono sul come far andare in classe i ragazzi disabili; perché per cifre irrisorie il mondo degli adulti è disposto fare queste ignobili figure avanti al mondo dei ragazzi; perché il mondo di quelli che camminano senza problemi è capace di ignorare chi camminare sulle sue gambe non può; perché di fronte alla mancanza i fondi pubblici nessuno ha pensato - tra quelli eletti e pagati per pensare a come realizzare il benessere della comunità, i diritti e l'uguaglianza dei cittadini - a chiedere a fondazioni, associazioni, club e a chi volete voi di mettere assieme i denari che servono?
Dice Ruben Di Bert ( cioè lo studente che ogni giorno della sua vita fa le acrobazie sulla sua carrozzina): " Non poter andare a scuola - e quest'anno è successo già quattro volte - è una rompitura di scatole, me ne faccio una ragione. Di quel che ho veramente paura è non poter uscire in caso di emergenza. Gli impianti elettrici sono i primi a non funzionare più. Serve una rampa che si possa utilizzare in qualsiasi circostanza. E non serve solo a me!"
" I miei compagni? Sono stati fantastici, non posso spiegare quanto piacere mi ha fatto ritrovarmeli attorno nell'atrio, insieme a me."
Questa è la prima considerazione che viene in mente dopo l' educata protesta attuata da una classe del Liceo delle Scienze Umane: non riuscendo un loro compagno a raggiungerli in classe - l'ascensore non funzionava e il servoscala non regge il peso della carrozzina - i ragazzi hanno pigliato sedie e libri e insieme al professore l'hanno raggiunto lì dove la serie invalicabile di gradini l'aveva fermato.
Il problema non è di chi - nome, cognome, comune, provincia, regione, assessorato o competenza, partito, - sia la responsabilità dell'ascensore che spesso si guasta, della rampa che non è mai stata realizzata, del sollevatore inadatto alle moderne carrozzine, della sicurezza nelle scuole.
Questi sono gli aspetti contingenti di questioni di ordine generale. Questioni sul metodo con cui una comunità ritiene di evolvere tenendo saldi i suoi fondamenti: uguaglianza, coesione, solidarietà, rispetto. Proviamo a elencarne qualcuna. Perché chi ha le responsabilità se ne dimentica ed è necessaria la protesta pubblica e clamorosa, e magari anche fastidiosa, per rinfrescare la memoria; perché proprio gli amministratori che assistono alla costruzione di un folle ascensore in Castello non riflettono sul come far andare in classe i ragazzi disabili; perché per cifre irrisorie il mondo degli adulti è disposto fare queste ignobili figure avanti al mondo dei ragazzi; perché il mondo di quelli che camminano senza problemi è capace di ignorare chi camminare sulle sue gambe non può; perché di fronte alla mancanza i fondi pubblici nessuno ha pensato - tra quelli eletti e pagati per pensare a come realizzare il benessere della comunità, i diritti e l'uguaglianza dei cittadini - a chiedere a fondazioni, associazioni, club e a chi volete voi di mettere assieme i denari che servono?
Dice Ruben Di Bert ( cioè lo studente che ogni giorno della sua vita fa le acrobazie sulla sua carrozzina): " Non poter andare a scuola - e quest'anno è successo già quattro volte - è una rompitura di scatole, me ne faccio una ragione. Di quel che ho veramente paura è non poter uscire in caso di emergenza. Gli impianti elettrici sono i primi a non funzionare più. Serve una rampa che si possa utilizzare in qualsiasi circostanza. E non serve solo a me!"
" I miei compagni? Sono stati fantastici, non posso spiegare quanto piacere mi ha fatto ritrovarmeli attorno nell'atrio, insieme a me."
Non avrei mai immaginato che in Friuli,dove io abito,ci siano questi problemi.Mi metto nei panni della ragazza disabile e le consiglio di spargere la voce sui giornali locali,a tutti i media,al sovrintendente all'istruzione e alla Seracchiani.Un elogio ai compagni di classe.Vedrai che dopo tutti correranno.E' una gran VERGOGNA!!!Tanti auguri e buona fortuna,Olga.
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