La casta non è casta!
di Marilisa Bombi
Avete presente l’operaio
che si ritrova a casa, spiazzato, perché la sua fabbrica ha chiuso? E si
ritrova con il mutuo da pagare (o l’affitto il che è la stessa cosa)? Bene: tra
lui ed il parlamentare o il consigliere regionale che sta per finire il mandato,
sotto un certo punto di vista, c’è poca differenza. Perché ambedue saranno
costretti a cambiare stile di vita: il primo per disperazione, il secondo,
ahimè, per rabbia. Ma è comunque un sentimento di bisogno. Ed il bisogno, si sa,
aguzza l’ingegno.
Ovviamente oggi non ci
occupiamo dell’operaio che, abituato a lavorare e molto probabilmente sodo,
potrà esibire un curriculum di tutto rispetto. Oggi ci occupiamo della casta
dei politici, ovvero di quel gruppo di persone che si considera, per nascita o per
condizione, separato dagli altri, e gode o si attribuisce speciali diritti o
privilegi, (cfr. treccani.it).
Ma quanto casta può
essere una casta che non lo è affatto? La risposta è nel dovere di distruggere
l’ossimoro che, fino ad oggi, ci ha fatto ritenere lecito ciò che non lo è: quell’insieme
di soggetti che per una concomitanza di circostanze fortuite escono dal gruppo
e vengono a comporre un nuovo insieme che nulla ha a che vedere con la società.
Un esempio eclatante, a tale proposito, è stata la proposta di alcuni
consiglieri del Pdl che nei mesi scorsi hanno presentato un disegno di legge
per la istituzionalizzazione del lobbismo ed hanno ritenuto irrilevanti gli
omaggi offerti a politici e funzionari che non superano i 500 euro. Importo
superiore alla pensione sociale ed anche a quella di tanti artigiani. Fatto
questo che dimostra quanto la casta sia diventata autoreferenziale e distante
mille anni luce dalla vita della gente normale.
E questo è il nocciolo
della questione. Le indennità, stipendi, retribuzione che dir si voglia che
vengono, allo stato attuale, riconosciute a consiglieri regionali, parlamentari
e a tutta quella pletora di enti di sottogoverno che consentono di far
sopravvivere la casta in questione, sono moralmente abominevoli. Insomma, se
fino a qualche anno fa, ovvero quando la crisi non c’era ancora e ciascuno si
faceva gli affari propri, potevano non rappresentare uno scandalo, oggi che la
situazione è mutata non si può più ignorare ciò che scandaloso è diventato.
Perché le migliaia di euro che vengono erogate non possono trovare
giustificazione nel lavoro che dagli stessi viene svolto e sono, peraltro,
incostituzionali. Ciò in quanto, nonostante il principio di eguaglianza,
tutelato dalla Costituzione, contribuiscono a formare la casta che lotterà con
i denti, in maniera lecita ed illecita, per mantenere il proprio status quo.
Gli esempi si contano a iosa come settimanalmente i vari Report, Ballarò ecc.
ci dimostrano.
Insomma, la casta (qui ci
andrebbe la maiuscola ma mi viene la pelle d’oca al solo pensarci) non è per
nulla casta nell’accezione comune del termine, ovvero pudica, misurata,
morigerata, per bene, irreprensibile, riservata e così via. Tutt’altro. E’
arrogante, prepotente, impudente ecc.
E quindi, se la nostra
Costituzione non è un insieme di principi buttati lì (come ritengo non lo sia)
va rimosso ogni privilegio immotivato che ha consentito il formarsi della
casta: dalle super indennità, ai benefit che vengono erogati ai soggetti che
fruiscono di condizioni agevolate da parte dello Stato, al cumulo delle
pensioni per migliaia di euro ecc. ecc. ecc.
I forconi sono in
agguato. Cerchiamo di non dare a loro ragione perché siamo convinti che, in
democrazia, ci sia ancora spazio per il dialogo.
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