mercoledì 20 marzo 2019

On. Serena Pellegrino, sindacato ispettivo al CIE di Gradisca, estate del 2013. Solo dopo il termine del mandato della deputata, la Prefettura di Gorizia rivela i suoi fastidi per l'azione politica e istituzionale di Pellegrino.

Il Prefetto di Gorizia ha etichettato come non gradita la persona dell'on. Serena Pellegrino tra i relatori di un convegno che Agende Rosse  voleva organizzare a Monfalcone il 21 marzo, Giornata della legalità, in concomitanza con l'apertura di un presidio del movimento anti mafia nella città dei cantieri. 
Incauta presa di posizione, quella prefettizia, che fa riferimento alle valutazioni  espresse da Pellegrino nel 2013 e 2014 sulle strutture governative di Gradisca d'Isonzo: cioè il CIE e il CARA. 

di Martina Luciani

L' opinione del Prefetto su Serena Pellegrino diventa criterio di scelta e strumento operativo imposto a terzi senza l'esistenza  di uno strumento normativo che lo preveda o di un sistema gerarchico entro cui farlo valere: essa  incide nel campo delle libertà un solco non previsto nel nostro ordinamento, classifica del tutto arbitrariamente ciò che si può e ciò che non si può fare.
Qualcuno ci deve spiegare dove ha origine questo equivoco sul ruolo del rappresentante del Governo, che cosa ha determinato una simile, pericolosa sbandata nell'assetto di marcia dell'apparato istituzionale dello Stato. Com'era ovvio, si è  scatenato il finimondo (qui l'interrogazione al Ministro dell'Interno presentata alla Camera dei Deputati). 
In questa sommaria ricostruzione descrivo come la parlamentare Serena Pellegrino ha esercitato il suo diritto/dovere di ispezione e controllo, intrinseco al suo mandato, risalendo all'estate del 2013, dentro e fuori il cupo muraglione del CIE di Gradisca d'Isonzo.



Il 10 agosto 2013, Serena Pellegrino dichiarò:
"E’ stata una notte indescrivibile quella che ha concluso il Ramadam al Cie di Gradisca d’Isonzo (tra l'8 e il 9 agosto) : i racconti che le persone recluse mi hanno consegnato durante la mia visita alla struttura sono una testimonianza delle modalità inumane con cui è gestito il Centro. E io sento l’obbligo civile e morale di portar fuori da quel recinto ormai simile ad un lager questa ennesima storia di violenza e violazione dei diritti umani. I detenuti, visto il caldo torrido di questo periodo e le condizioni bestiali in cui sono rinchiusi normalmente, hanno chiesto di poter stazionare nelle aree aperte anche al termine del Ramadam. Al diniego senza appello si è aggiunta una reazione inusitata da parte della polizia: le forze dell’ordine in assetto anti sommossa hanno cominciato a lanciare lacrimogeni e ad usare i manganelli. Alcuni dei rinchiusi si sono sentiti male, non riuscivano a respirare; allora i compagni hanno spaccato uno dei vetri che limita le cosiddette vasche, nel tentativo di uscire da quella vera e propria camera a gas; ne è seguita una violenta colluttazione.”
Preso atto delle disumane condizioni di vita dei detenuti e visto che la tensione cresceva pericolosamente, Pellegrino si impegnò ( tre giorni e tre nottate su una barricata estenuante) a mediare le istanze dei reclusi nei confronti della Prefettura e della Questura di Gorizia.
Una vera e propria trattativa sia con le autorità - il prefetto Augusta Marrosu e il questore Piovesana - che produsse alcune concessioni, come la restituzione dei cellulari sequestrati e la possibilità di restare fuori dalle torride camerate, nelle cosiddette «vasche», cioè i cortili recintati da sbarre e chiusi sopra le teste da reti metalliche;  sia con i detenuti,  che cercò  di acquietare e rassicurare, dialogando con loro per ore e ore, affinchè in vista dei miglioramenti promessi sospendessero le azioni di protesta e gli atti vandalici sulle strutture del CIE.



“A questo alleggerimento delle condizioni di vita dei detenuti del CIE  - disse la parlamentare il 12 agosto - dovrà sicuramente seguire un dibattito in sede politica e una revisione normativa in sede parlamentare.
Al  di là di troppo evidenti  strumentalizzazioni,  in questo modo non ha senso andare avanti, per nessuno, di qua e di là della barricata, che si tratti degli immigrati o che si tratti dei poliziotti  coinvolti. Anzi,  al CIE non dovrebbero esserci proprio le forze dell’ordine perché non dovrebbero nemmeno sussistere le situazioni a causa delle quali si scatenano eventi in cui la violenza sembra essere l’unica via percorribile e la mediazione diventa veramente difficile.”

Nella notte tra il 12 e il 13 agosto
accadde il terribile incidente, in un tentativo di fuga Abdelmajid El Kodra precipitò dal  tetto dove i detenuti si arrampicavano per comunicare la protesta e le richieste con l'esterno del CIE.  Restò in coma, e segregato, per un tempo lunghissimo. Morì il 30 aprile 2014. Anche questo fatto è descritto nell'esposto presentato da associazioni e cittadini alla Procura della Repubblica di Gorizia, per far luce su quanto accadde in quel periodo dentro il CIE.

Il 20 agosto la deputata Pellegrino presentò un'interpellanza per chiedere ai ministri dell'Interno e dell'Integrazione «se non si intenda provvedere a una revisione della legge sull'immigrazione», nonché «verificare con regolarità che nel Cie di Gradisca vengano rispettati i livelli minimi di dignità umana e di rispetto della persona imposti dalla legge, nonché le condizioni igienico sanitarie
degli ospiti e della struttura; se a tal fine non sia opportuno procedere alla verifica degli adempimenti in capo al consorzio Connecting People, accertato l'inadempimento dello stesso, e di
quelli in capo alla Prefettura; se non ritengano opportuno chiudere il Centro di Gradisca d'Isonzo data l'inagibilità sia igienico-sanitaria che l'inadeguatezza strutturale dello stesso."

In parallelo, il Sen. Manconi, Presidente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato, consegnò un' altra interpellanza urgente al Viminale: "Quanto è successo nelle ultime ore dimostra come il C.I.E. di Gradisca d'Isonzo sia la manifestazione più drammatica della inefficacia di questi posti: condizioni di vita disumane e tensione altissima che si contiene con difficoltà. Quindi va chiuso al più presto... "


Il 23 agosto Serena Pellegrino precisò in un comunicato stampa:  “Il CIE di Gradisca d’Isonzo si inserisce in una filiera istituzionale che coinvolge ente gestore del centro, Questura e Prefettura di Gorizia, Viminale. Lungo questo percorso, sempre interagisce il Parlamento, che ha il fondamentale ruolo di vigilare, stimolare iniziative del Governo, predisporre strumenti normativi efficaci. Gli altri attori sono Regione, Provincia, Comune, il cui compito è di presidiare la situazione e controllarne gli sviluppi.

La presidente Serracchiani si attivi nei confronti della Prefettura affinchè i consiglieri regionali possano accedere al Cie come i parlamentari, secondo le procedure in uso per le strutture penitenziarie."

Dopo ulteriori proteste dei detenuti con relative repressioni e dopo che la situazione era precipitata ormai nel caos, dapprima il CIE venne parzialmente svuotato, poi ai primi di novembre venne chiuso (fu ristrutturato e riaperto con funzioni di CARA nel 2015).

Nell'occasione Pellegrino scrisse: "La mia azione ha avuto un unico motore: il rispetto dei diritti umani di tutti, nessuno escluso, dalle forze dell’ordine che lavorano in condizione di estrema difficoltà, ai dipendenti della cooperativa che non ricevono lo stipendio da maggio, agli avvocati che trascorrono giornate intere a trovare le soluzioni più congrue e non ultimi, ma “ultimi” della società, i cosiddetti “ospiti” che vivono in condizioni igienico/sanitarie inammissibili in un paese dove i diritti civili e umani devono essere perseguiti e rispettati."

A dicembre, in occasione della presentazione alla Camera dei Deputati di una serie di mozioni per sollecitare l'impegno del Governo sulla questione dei CIE, Serena Pellegrino dichiarò: i CIE sono i gironi infernali della dignità umana, la dimostrazione del fallimento della politica dell’immigrazione che si è instaurata in Italia. Un fallimento normativo, organizzativo e gestionale."
"Da mesi le iniziative della prefettura di Gorizia relativamente alla gestione del flusso di migranti nel territorio provinciale appaiono all'interrogante insufficienti rispetto le problematiche da affrontare, prive di coordinamento e di adeguate prospettive per uscire da modalità organizzative che rimangono sempre al livello dell'emergenza."
Pellegrino evidenziò, descrivendo tra l'altro le condizioni dei profughi accampati lungo l'Isonzo, il ruolo carente se non mancante "della prefettura di Gorizia, il soggetto istituzionale a cui è richiesto di subentrare nella gestione della situazione un livello tecnicamente diverso da quello umanitario ed emergenziale";
ricordò le dichiarazioni alla stampa del nuovo prefetto Zappalorto, "che hanno creato scompiglio, malumore e ostilità nella pubblica opinione";  stigmatizzò il fatto che "la Prefettura di Gorizia, invece di attenersi a suoi compiti, esprime giudizi di valore relativi ai diritti dei richiedenti asilo e all'operato della commissione territoriale, che non competono al suo ruolo istituzionale; giudizi e opinioni del tutto inopportuni che istigano alla tensione sociale e significativi della personale convinzione del massimo rappresentante del Governo in provincia di Gorizia";
chiese infine se il Ministro non ritenesse "necessario e urgente che, nella situazione data, una prefettura come quella di Gorizia richieda un diverso approccio e organizzazione, un'assunzione di responsabilità verso gli interlocutori pubblici del territorio e verso la popolazione residente, insieme ad una gestione della comunicazione esterna di tutt'altro tenore e coerenza."


Questa, grosso modo, è la descrizione del ruolo, delle prese di posizione espresse e delle iniziative intraprese dall'on.Serena Pellegrino. Che nel corso del suo mandato si è occupata direttamente anche delle drammatiche condizioni delle persone rinchiuse in altri CIE italiani.
Stranamente solo a mandato concluso si ritrova, quindi a titolo personale e non più istituzionale,  a "pagare il prezzo" della sua battaglia politica, se così si può definire il "non gradimento" introdotto dal Prefetto Marchesiello nel contesto delle ecomafie, che con la questione CIE/CARA c'entra proprio niente. 


Nel frattempo la situazione a Gorizia si è sviluppata lungo vergognose tappe di disumana e mala gestione dei flussi di migranti. Fino al trasferimento della Commissione per il riconoscimento del diritto d'asilo dalla Prefettura di Gorizia a quella di Trieste.

Ma le vicende CIE/CARA non sono state archiviate. Infatti la Procura della Repubblica ha aperto un procedimento  imperniato sull'ipotesi accusatoria concernente  una serie di fatture, emesse dall'ente gestore del CIE/CARA e pagate dallo Stato attraverso la Prefettura, per l'accoglienza nel centro di Gradisca d'Isonzo di 3813 fantomatici richiedenti asilo, a fronte dei 703 effettivamente presenti.
Tra gli indagati anche i due ex Prefetti Marrosu e Zappalorto.
https://www.rainews.it/tgr/fvg/video/2019/01/fvg-inchiesta-Cie-Cara-indagati-ex-prefetti-Gorizia-38e99c1e-02d5-4703-92f0-b85bfd682d57.html

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