sabato 24 dicembre 2016

Profughi a Gorizia. Ampliare la capienza del campo San Giuseppe e gestirlo con le regole apprese da Medici senza Frontiere.




La Prefettura, cioè il Governo dislocato sul territorio, cerca di arrangiarsi con la Caritas per dare un tetto notturno ai richiedenti asilo.

Insostenibile leggerezza delle gestione emergenza perenne dei profughi. Gli spazi e gli strumenti ci sono, perchè tanta indecisione, perchè tante trattative, perchè far conto sulla rappresentanza locale della divina provvidenza e sull'instancabile opera del volontariato?



di Martina Luciani

Spero sia un eccesso di sintesi necessaria alla brevità del titolo, nell' articolo della stampa locale di ieri, perchè se l'approccio metodologico alla questione è questo, soluzioni immediatamente non ne vedo. Per la cronaca, la soluzione “arrangiata” è la sala al pianterreno della Caritas, sacchi a pelo e unico servizio igienico per 40 persone ed oltre. Generosa offerta ( e generosi fin quasi al martirio i volontari coinvolti), e fondamentale per evitare che qualcuno muoia di freddo e che tutti si ammalino rovinosamente: ma per una notte, per alcune notti soltanto. Immediatamente dopo bisogna requisire, affittare, occupare spazi adeguati, attrezzare quelli individuati. Dove reperire i soldi è compito del neo ministro agli Interni Minniti, che fa lodevoli accordi con l'Anci per la distribuzione ripartita dei profughi ma non ci dice cosa fare di tutti quelli che, nella vita vera, continuano ad affluire là dove sono operative le commissioni territoriali. 
Soluzione facilmente praticabile nell'immediato: utilizzare l’ampio locale sottostante l’edificio all’interno del campo San Giuseppe, tempo fa preso in considerazione per essere adibito a mensa.  A patto, ovviamente, che la gestione del centro, attualmente strutturata in maniera piuttosto approssimativa con una convenzione tra Prefettura e cooperativa locale, faccia riferimento ai criteri e alle rigorose modalità utilizzate da Medici Senza Frontiere durante lo scorso inverno e istituzionalizzi il ruolo, sempre fondamentale eppure sempre formalmente sottovalutato, del volontariato. Sappiamo perfettamente che le soluzioni ben organizzate e ben governate funzionano con vantaggi che riguardano direttamente la comunità ospitante, volente o nolente che sia.   
Quanto al  pressing che la Prefettura afferma sussistere nei confronti del Ministero degli Interni evidentemente non funziona, nemmeno per ottenere direttive che consentano di andar oltre l’affidamento alla divina provvidenza, ruolo in questo paese saldamente assegnato alla chiesa cattolica. Ma una prefettura come la nostra, sopravvissuta solo ed esclusivamente perché situata in zona strategica e “calda” nella gestione di confine delle rotte migratorie,  dovrebbe pretendere maggior autorevolezza ed ascolto, anche attraverso fattive prese di posizione degli enti rappresentativi della comunità territoriale. Questo tipo di sostegno si definisce innanzitutto come "politico", e vorrei percepirlo con meno vaghezza anche nelle priorità delle candidature sul fronte delle elezioni amministrative cittadine.   
Aspettare che la Slovenia si attrezzi giuridicamente e logisticamente a far da muraglia, mi pare un po' una vigliaccata sul piano del diritto e dell'etica; e non è nemmeno il cardine della questione.
Il cardine è l’'approssimazione gestionale che regna sovrana nella questione richiedenti asilo e flussi migratori. Proporre, come ha fatto il sindaco di Gorizia, di recintare le rive del fiume è uno degli esempi  di questa insostenibile leggerezza, a tutti i livelli istituzionali; ma lo è, a parer mio, ancor di più affermare che recintare le aree fluviali impedirebbe a chiunque ne abbia la necessità di accedervi. La necessità?  Ma siamo ancora liberi di circolare sul suolo patrio o no?  
Ancora. E’ comprensibile che la Prefettura cerchi di evitare lo strumento estremo della requisizione per trovare un riparo ai profughi, non è comprensibile che le dichiarazioni ufficiali facciano della Caritas l’unico interlocutore possibile e disponibile.
Altro esempio: ritenere che lo Sprar e l’accoglienza diffusa siano una soluzione . Lo Sprar a livello provinciale è un ectoplasma, che ha una sorta di capofila, il Comune di Romans d’Isonzo, ma nessun altro ente ufficialmente coinvolto in una delibera  della Giunta provinciale che pare un auspicio piuttosto che un programma concreto: perché ed a causa di chi non importa.  E se anche esistesse, non sarebbe tecnicamente lo strumento per far fronte agli incessanti arrivi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caritas o Il Mosaico?