giovedì 21 luglio 2016

Immigrazione.Dopo l'accoglienza,arriva l'emergenza integrazione: auspicata maggior consapevolezza sulle criticità presenti e future.


Alcuni giorni fa era uscita la notizia di una intelligente iniziativa dell'amministrazione comunale di Monfalcone rivolta all'integrazione delle donne bengalesi o comunque extracomunitarie. Poi il Comune di Cormons ha istituzionalizzato la figura di un mediatore culturale in lingua araba per assistere l'accesso  ai servizi. Oggi sappiamo che a Gorizia si vuol far nascere il Tavolo provinciale dell'accoglienza, mentre parallelamente si progetta un più severo sistema di controlli. Tiriamo due righe e tentiamo di fare un quadro della situazione.

di Martina Luciani

Una serie ben ritmata di fatti ( la caccia grossa al cigno sul fiume, le molestie, i controlli a tappeto nei parchi cittadini, l'ordine pubblico messo a repentaglio, i rancori di sempre trasferiti e rinfocolati sul tema immigrati etc etc.) delinea sostanzialmente il fallimento delle politiche dell'immigrazione.Più precisamente segnala l'emergenza dell'integrazione mancata: non solo non sappiamo accogliere con metodo strutturato e trasparente, ma poi nemmeno integrare. Ad esempio ci siamo dimenticati di spiegare che i cigni non si toccano e che le relazioni tra le persone, incluse quelle tra uomini e donne, si devono svolgere nei limiti del reciproco rispetto, senza nessuna concessione: oltre, c'è la legge dello Stato che punisce. 
Chi nota quanto sul territorio siano numerosi e zelanti gli imam, e come si siano moltiplicati i veli su teste femminili  che fino a qualche anno fa non li indossavano mai, vede la punta dell'iceberg di un fenomeno di auto segregazione che non mi piace proprio. E' il contrario esatto della interculturalità. E' accontentarsi della multiculturalità, che garantisce e insegna poco o nulla a tutti quanti.
Bisogna discutere sul fatto che nell'accoglienza dei richiedenti asilo ci deve essere anche la richiesta chiara di assunzione di responsabilità: civili, penali, culturali, sociali. La Costituzione italiana  va appoggiata sopra il Corano, la Bibbia e i Vangeli, e non sotto.
Ma se questi obiettivi sono condivisibili e condivisi (e le iniziative di Monfalcone e Cormons, tanto per fare due esempi che pure riguardano altri fenomeni di immigrazione, lo dimostrano), li stiamo perseguendo in maniera sistematica?  Di fatto non ci riguarda che cosa facciano per vivere  queste persone che hanno scelto di venire in Europa, come le abbiamo introdotte nel nostro mondo, cosa abbiamo insegnato loro per essere partecipi tra noi, cosa abbiamo realizzato e offerto affinchè riescano a vivere la propria religione e tradizione come un fatto privato che riconosciamo come una loro ricchezza ma che non non li deve mettere subdolamente o esplicitamente in conflitto con le religioni e le tradizioni degli altri.
Non ci interessa se dopo un anno in Italia i richiedenti asilo non parlano la nostra lingua ( del resto non glielo abbiamo richiesto come requisito essenziale), se dopo due non leggono adeguatamente un documento o una notizia, se dopo tre ancora non possono comprendere direttamente cosa stia accadendo, se non possono esercitare il proprio personale spirito critico e giudizio e senza poter capire si fidano di chi racconta loro la sua storia, la sua versione della realtà. In questo il rischio più grande della fallita integrazione sociale e culturale.
Accogliere senza trasferire efficacemente  le nozioni di base per essere cittadini (la lingua, la legge, la pubblica amministrazione, le tradizioni, la cultura)  è la premessa per l'instaurarsi di emarginazione socio-lavorativa, per la creazione di ghetti, per il rifluire negli strati più in ombra della società dove proliferano svariate forme di clandestinità,  illegalità, sfruttamento e criminalità. Ed anche, perchè no, è il modo per consegnare ai referenti religiosi il compito non solo di vegliare sulle anime  ma anche di gestire la vita delle persone.
Forse però il dubbio si sta insinuando, forse qualche idea si sta formando su come si debba collaborare per integrare sul serio, innanzitutto in ossequio agli ineludibili e laici principi civili, ma anche  per la nostra stessa sicurezza e qualità del vivere. E "sul serio" vuol dire che bisogna arrivarci prima che siano necessarie le azioni di polizia, i servizi segreti, le crociate e Salvini  scatenato come Giovanna d'Arco che ci rintrona le orecchie con le sue litanie. Prima significa subito, perchè poi tutto è infinitamente più difficile, e i risultati eventuali sono solo apparenti , appiccicati sulla superficie delle ostilità, diffidenze e resistenze reciproche, cristallizate in stigma che non si riesce più a spazzar via. Magari ne riparliamo.





3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma no, parliamone subito.
Ma dove siamo, all'asilo? Dobbiamo anche insegnare che i cigni non si prendono a sassate, le donne non si devono molestare e magari anche che non si sputa per terra, non si mettono i piedi sulle sedute delle panchine, non ci si siede sui cofani delle automobili parcheggiate.
Qui stiamo parlando di educazione di base, di principi elementari che si imparano più o meno quando si impara a stare su due gambe. Speriamo piuttosto che i bisognosi di un corso accelerato di educazione civica siano davvero pochi.
Sulle altre cose si può discutere. Non si può generalizzare. A parte il fatto che la stragrande maggioranza di questi ragazzi ha una cultura medio bassa (non si tratta evidentemente di cervelli in fuga) e malgrado siano dei grandi smanettoni con lo smartphone parlano a fatica qualche parola di inglese, se si impegnano ad imparare la lingua del paese che li ospita, avranno sicuramente qualche possibilità in più di trovare lavoro ed un futuro.
L'integrazione vera e propria, secondo me, resta un miraggio. Ogni essere umano è più o meno convinto che la sua cultura sia soggettivamente preferibile a tutte le altre. Perciò insistere sull’integrazione degli immigrati alla cultura europea provoca solo reazioni di rigetto.
Ci sono visioni del mondo, della storia, della vita e della morte, del destino che possono forse convivere, ma difficilmente integrarsi.

Piazza Traunik blog ha detto...

No non stiamo all'asilo, stiamo su un altro mondo e secondo me conviene a tutti chiarir loro come ci si sta senza far danni.
Faccio un esempio, cretino ma emblematico:il rapporto umanizzante che noi abbiamo con i nostri cani e gatti è sconosciuto in gran parte dell'Afghanistan. ( in generale l'ecologia, il rispetto della natura e la coscienza ambientalista sono elitari, non che qua vada meglio, ma almeno ci sono le norme da rispettare). Il cane è un animale che serve per fare la guardia,pure pericoloso, non è certamente il migliore amico dell'uomo, per loro è stranissimo che sia ammesso nelle case e sia a pieno titolo componente della famiglia. Avete mai fatto caso che molti profughi hanno paura quando ci incrociano per strada con il nostro cane accanto?
L'abisso esiste per una infinità di situazioni che vengono prima delle disposizioni di legge ma che di quelle costituiscono la premessa sociale e storica e rispetto le quali si attivano comportaneti virtuosi dettati da regole culturali. Vedi il cigno: credete che i responsabili del massacro avessero idea che non si può fare una cosa del genere? Che, a parte e prima delle tutele formali, il cigno per noi è un animale nobile e fiabesco,intoccabile, nonostante un tempo finisse sulle tavole imbandite dei potenti ( ad esempio dei Tudor inglesi) arrosto o ripieno come un tacchino. Io son convinta di no. Allora, se ci interessano i cigni, tanto vale spiegare in maniera sistematica come ci si deve comportare e cosa non si deve fare. m

Anonimo ha detto...

Concordo con la Signora "tanto vale spiegare in maniera sistematica come ci si deve comportare e cosa non si deve fare".
Aggiungo che è necessario che TUTTE le persone conoscano e rispettino la legge e le regole di buona educazione, sia i ragazzini che ben dopo mezzanotte sgasano con i cinquantini ai semafori facendo un baccano del diavolo (e non credo di essere l'unica ad alzarsi alle 6 per andare a lavorare) sia quelli che si distendono a prendere sole su un monumento ai nostri caduti. E affianco i due esempi proprio perché il rispetto degli altri deve essere insegnato, ma alcuni comportamenti possono rientrare nel "buon senso" ed educazione di base (civiltà, direi), altri hanno a che fare con fattori culturali che vanno esplicitati, perché possono non essere conosciuti.
Detto ciò, credo che chiunque ritenga che uccidere o maltrattare un altro essere vivente sia divertente ha un serio problema e debba essere segnalato alle forze dell'ordine.