mercoledì 25 maggio 2016

Messaggi inequivocabili a è'Storia: l'Europa deve chiarirsi le idee su cosa sia davvero la democrazia. Agnes Heller e Marina Lalovic.

A E'Storia la filosofa ungherese Agnes Heller; sempre a E'Storia, la giornalista serba Marina Lalovic: entrambe sollecitano attenzione estrema sul concetto di democrazia applicata in questa nostra Europa. La riflessione porta a conclusioni preoccupanti: democratici davvero ancora non siamo diventati.

di Martina Luciani

Non conoscevamo ancora, mentre parlava Agnes Heller, i risultati delle elezioni in Austria, dove per un soffio non si è installato quell'oscuro personaggio di nome Hofer; dove ora un ambientalista, figlio di profughi, indipendente e appoggiato dai Verdi, dovrà realizzare la quadratura del cerchio politico in un Paese che ancora non è un organismo geneticamente de-nazificato.
Ma se l'avesse saputo, la filosofa ungherese, che certamente è immune alle facili speranze, avrebbe probabilmente sviluppato gli stessi ammonimenti, considerato che il (fantastico) voto austriaco è una riscossa inaudita, visti i tempi bui, ma non ancora una resurrezione.

Non basta parlare di democrazia, ci ha ammonito Heller, è un riferimento troppo vago, anche Putin ed Erdogan sono stati eletti democraticamente. Dobbiamo misurarci sul concetto della democrazia liberale: quella che rispetta i diritti delle opposizioni e delle minoranze, quella che effettua il controllo e il bilanciamento dei poteri, quella che evita la centralizzazione delle istituzioni dello stato.
Insomma quella vera, quella che, dopo il disastro mai recuperato della Prima Guerra Mondiale, è comparsa in Europa come fenomeno sporadico, seppur con alcune importanti, e non scevre di contraddizioni, esperienze positive ( Heller ha citato anche l'Italia) .
Ulteriore aggravante dello scenario illiberale contemporaneo sono i nazionalismi, nati tra le macerie dei grandi imperi, vizio che resiste alla terapia di gruppo proposta con la costituzione dell'Unione Europea; e soprattutto che precede e non segue, come si vuol sostenere, l'attuale crisi delle massicce migrazioni verso l'Europa. Certamente tale crisi ha acerbato il conflitto tra diritti umani e diritti civili. Ma non è l'origine del problema. Lo è piuttosto l'attitudine dei popoli europei al bonapartismo, sinonimo di cesarismo: finchè tutto va bene, quanto ci piace la democrazia. Quando la crisi economica comincia a mordere ecco che è più facile e comodo affidarsi ad un leader, ad un personaggio forte che forte di un consenso plebiscitario ci guidi verso tempi migliori. E se il totalitarismo, il populismo, il nazionalismo sono i prezzi da pagare, pazienza. L'esercizio integrale della democrazia liberale è troppo difficile quando bisogna stringere la cinghia.
Così la democrazia di fatto è una democratura: bella osservazione della giornalista serba Marina Lalovic, che ha proposto il non recente (finora poco usato ma ora nuovamente sempre più presente nelle cronache politiche italiane) neologismo di democratura, cioè un regime formalmente investito dal potere con i meccanismi della democrazia ma nella sua essenza oligarchico e autoritario.
Lalovic l'ha utilizzato per descrivere la situazione di fallimento democratico di Ungheria, Polonia, Cechia e Repubblica Slovacca e dei Paesi balcanici, le contraddizioni nella gestione della crisi migranti da parte dei governi di centro sinistra e dei leader dichiaratamente europeisti. Associandolo ad un fenomeno epidemico, che nelle democrature trova terreno di coltura ideale, l'"orbanizzazione" dell'Europa, brutta malattia che fa archiviare principi e valori e tirar su palizzate e muri, esattamente come ai tempi delle invasioni barbariche sui confini dell'impero romano.
Lo spunto da cui partiva la giornalista serba era la questione migrazioni, e la condizione di schiavitù in cui si trovano le persone in fuga dai Paesi in guerra lungo la rotta balcanica e attraverso realtà territoriali, politiche e socio culturali in assoluta e destabilizzante turbolenza.  La meta è la mitica Europa, la terra dei diritti, della libertà, delle uguaglianze, della dignità umana, della felicità: la terra in cui il mito si sgretola poco a poco, perchè andrebbe custodito con cura e non abbandonato come un'insegna commerciale sugli spalti della Fortezza. Abbiamo una malattia grave, ha detto Agnes Heller, della quale o si muore e ci si estingue, o ci si rafforza. Cosa farà l'Unione Europea?










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