sabato 5 dicembre 2015

In morte del Natale

Maledetto il politically correct, ovvero ode al Natale in via di estinzione


di Nevio Polli


Siamo ai primi giorni di Dicembre e già strade e negozi sono infestate da terrificanti nenie: sono i famigerati ginglebells, i tediosi uaitcristmas e le lagnosissime melense canzoncine (rigorosamente in americano) che ci accompagneranno, ossessivo e fastidioso sottofondo, fino all’Epifania. E tra un po’ arriverà anche il carico da undici: qua e là, come se non fosse già sufficiente, appariranno i penosi tristi Babbinatale a scampanare davanti ai negozi. Siamo proprio diventati dei poveretti (in senso culturale). Un tempo Italiani ora soltanto Italioti. Che sarebbe (nomen omen) un “intarsio” o “lucchetto” (non ricordo bene, roba da Settimana Enigmistica n.d.r.) tra le parole Italiani e idioti. Capirei qualche canzoncina natalizia tipo bambini dello Zecchino d’Oro, per non dire di un più appropriato coro di voci bianche che riempie l’aria e il cuore (e forse anche il cervello) con melodie lievi e appropriate, o anche brani di canti Gregoriani, o Bach o Hendel, Mozart, Vivaldi, Chaicovskij, Sibelius…  una gamma infinita, magnifica, che sa accompagnare l’incanto di un tempo speciale.
E invece sempre, continuamente, ovunque e purtroppo senza scampo e senza difese, ‘ste boiate, ‘ste americanate per anime semplici (con tutto il rispetto per le anime). Perfino Francesco, tra corvi dentro casa, cardinali-faraoni, soldi che spariscono e conti che non tornano e, soprattutto (credo), l’approssimarsi di questo genere di pseudo-Natale, se n’è scappato in Africa ad aprire là, dove i faraoni sono solo imbalsamati e senza uaitcristmas di accompagnamento, la Porta Santa. Là forse ci credono ancora e comunque sono sicuramente più vicini di noi al senso vero della Natività. Qua è soltanto vetrina e vetrine, pacchetti colorati e gingilli, carole americane, babbipagliaccionatale e minchiate simili. Ma è inevitabile che sia così: da tempo siamo ormai una colonia e facciamo di tutto per confermarlo. Copiamo, compriamo e trangugiamo felici e storditi i beveroni. Da tempo non siamo più noi. Se, come affermò Protagora qualche anno fa, “l’uomo è misura di tutte le cose”, e anche di se stesso, aggiungo io, allora negli ultimi anni abbiamo perso almeno 20-25 centimetri, e non è finita qui, anzi: il traguardo “che bello tutti nanetti tutti uguali” è lì, a un passo e mezzo. Qualche “anima bella”, e aggiungo “intellettualmente illuminata” (in genere di sinistra), insiste che i crocifissi devono sparire dalle aule scolastiche, qualche altra (credo sempre di sinistra, perché bisogna dimostrare di essere aperti, comprensivi e accoglienti verso i nuovi e diversi da noi) ha deciso che non si deve fare il presepe nelle scuole e assolutissimamente niente canzoncine e feste di Natale negli asili. E così facendo non si urtano sensibilità diverse né si impone ad alcuno di assistere (e magari forse anche conoscere, capire ed accettare) i nostri riti millenari, le nostre tradizioni. Che buono che sono. Che apertura mentale cosmica. Che uomo di cultura elevata.  Dall’anno prossimo è deciso: elimineremo dalle scuole anche la scandalosa Divina Commedia e nelle lezioni di Storia dell’arte si parlerà soltanto di arte astratta e informale, niente immagini e niente statue: turbano e non sono accoglienti. E allora niente più stupore davanti al David e alla Resurrezione di Piero a Sansepolcro (che sarà bene che cambi nome), le madonne e gli angioletti di Raffaello vadano in deposito e soprattutto, diociliberiescampi, assolutamente niente più crocifissi santi e madonne. Naturalmente al rogo film come Gesù di Nazareth o il Vangelo secondo Matteo o (orrore massimo!) The Passion, che a qualcuno non venga in mente di trasmetterli in tv. Tutto questo per una migliore conoscenza reciproca. Che non si fa, come qualcuno (vecchio e superato) può pensare, con un presunto arricchimento basato sullo scambio di conoscenze ed esperienze tra culture diverse, e quindi sulla comprensione e rispetto reciproci che proprio la miglior conoscenza dell’altro da noi può dare, ma (e sta qui la mancina pensata geniale) si fa invece con l’accogliente, lenta, progressiva, irreversibile rinuncia della propria identità. Per Eraclito detto l’Oscuro, “panta rei”, tutto scorre, ma mi sa, da noi, nella direzione contraria.
 E non è finita: dall’anno prossimo, è deciso, ultimo doveroso sacrificio: con dolore ma stoica bontà e fiera accoglienza elimineremo anche ginglebells e uaitcristmas dalle strade e dalle botteghe (sottofondi musicali che potrebbero essere un richiamo - seppur tristissimo - all’abolito Natale) e così non offenderemo nessuno, saremo tutti finalmente uguali e, se non proprio fratelli-fratelli, sicuramente buoni cugini. E soprattutto, eliminando il Natale, non ci saranno più né odi e né violenze e il terrorismo, senza più nemici da scannare, troverà la sua pace.
Era semplice, bastava che noi facessimo… qualche passo indietro… e poi ancora qualche passo indietro…. Le “anime belle” saranno felici e… pure io. Finalmente niente più ginglebells!
Buona tenebra.

Nevio

Ps. Faccio outing: da sempre preferisco percorrere la riva sinistra del mio fiume (non questa però, una tutta mia)
 Ps II Il titolo Maledetto politically correct è tratto da un articolo del Sole 24 ore di cui si consiglia la lettura.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il suo sfogo è diretto al contesto nel quale lei sceglie di vivere. Ognuno è libero di vivere come desidera e lo scempio che descrive pare una caricatura tratta da ben altre realtà, di certo non quelle di Gorizia. A ogni modo, di certo non è la realtà mia e della mia Gorizia. Il suo attacco è un vuoto e noioso lamentarsi, pieno di luoghi comuni; inizi piuttosto a costruire (o ricostruire) la realtà che le manca.