venerdì 2 gennaio 2015

Profughi e volontariato a Gorizia: quello che insegna l'esperienza e quello che è stato chiesto al Prefetto di Gorizia.

I volontari incontrano il Prefetto di Gorizia e scrivono una lettera aperta per chiedere conto degli aggettivi tutt'altro che lusinghieri appioppiati loro dalla stampa locale.

 di Martina Luciani


Impossibile continuare così: questo l'allarme dei volontari che assicurano un pasto caldo a decine di profughi, che procurano indumenti pesanti, che cercano di risolvere i problemi legati alle ignobili condizioni igienico sanitarie, interagendo con la Caritas di Gorizia e quasi forzando la collaborazione delle istituzioni competenti rispetto sanità e sicurezza pubblica.
Cosa serve? Un'interfaccia costante con gli uffici di polizia e immigrazione, un coordinamento tra volontariato e  strutture sanitarie della CRI e dell'Azienda sanitaria che devono realizzare i primi controlli sui richiedenti asilo, un riferimento logistico per permettere ai profughi di mantenere condizioni igieniche personali adeguate, uno snellimento delle pratiche richieste per avviare le pratiche di richiesta d'asilo, continuamente rallentate sia dalla carenza di organico negli uffici competenti sia dalle ridotte finestre d'accesso ai controlli sanitari effettuati dalla Croce Rossa, la disponibilità di mediatori culturali professionalmente competenti.
In mancanza di questo retroterra organizzativo, il volontariato, mentre realizza come può l'enorme impresa di salvare l'Uomo nella sua dignità elementare e nei suoi diritti sanciti dalle leggi, ha un carico di responsabilità che non può essere sostenuto e rischia di essere persino controproducente nelle situazioni più difficili.
Questi concetti sono stati riassunti al prefetto di Gorizia in un incontro, due giorni fa: il risultato della riunione per ora non l'ha visto nessuno.
Nel frattempo i volontari impegnati ogni sera, Natale e Ultimo/primo dell'anno inclusi, a cuinare e dare pasti caldi all'umanità richiedente asilo affamata e piegata dal freddo, hanno scritto una lettera aperta per chiedere conto degli aggettivi tutt'altro che lusinghieri appioppiati loro dalla stampa locale.Questo il testo, che ha già prodotto un servizio da parte della Rai Friuli Venezia Giulia.


Richiedenti asilo a Gorizia, emergenza e solidarietà: tutti ipocriti i volontari?         
Siamo un gruppo di cittadini dell’ Isontino che in vario modo cercano di aiutare quelli, fra i profughi afgani e pachistani, che sono in attesa di trovare accoglienza, prevista da una precisa normativa nazionale e internazionale, in sedi a ciò espressamente individuate dagli organismi competenti.
Con l’ avanzare del freddo, con l’ aumentare del numero di esseri umani sprovvisti di cibo, indumenti adeguati, ricovero notturno, abbiamo intensificato le nostre iniziative, utilizzando anche strutture della Caritas. In concreto, da alcune settimane, diamo cena, colazione, indumenti, un tetto per la notte a un numero variabile , e non sempre prevedibile, di persone(da 30 a 90). Facciamo anche altre cose, come occuparci dell’ igiene, delle medicine occorrenti,dei documenti necessari: con i soldi nostri e con quelli di persone (non moltissime ma nemmeno così poche) per le quali la solidarietà è una pratica spontanea, naturalmente inscritta nella dimensione della civiltà; usiamo il nostro tempo libero, magari quello delle ferie, ciascuno secondo le proprie competenze,  sopportando  facili ironie ,quando non degli insulti, dei quali con una certa frequenza siamo oggetto.
Veniamo al punto: se offese e derisione a noi rivolte le abbiamo messe in preventivo e tiriamo avanti senza badarci troppo, non possiamo stare zitti quando diventano vera e propria disinformazione. Ed è quello che accade in un passo dell’ articolo pubblicato nel supplemento Eventi  del 31 dicembre 2014, alla pagina XII del quotidiano Il Piccolo, dove si legge "La vicenda dei profughi ha messo a nudo tanta ipocrisia. Si continua a spacciare per volontariato quello che è lavoro retribuito, si continua a parlare di carità a fronte però della corresponsione di centinaia di migliaia di euro a un settore che, forse opportunamente, fa dell' assistenza un business.
Vorremmo chiedere all’ estensore dell’ articolo, signor Roberto Covaz: poiché non sappiamo a quale volontariato si riferisca ,dato che non viene in alcun modo circostanziata la pesante accusa di ipocrisia, dobbiamo ritenerci inclusi anche noi, con le nostre sporte della spesa e gli indumenti raccattati presso parenti e conoscenti? O forse  il capo redattore Covaz non conosce questo volontariato da tempo operante e noto, ad esempio, alle forze dell’ ordine, alla Prefettura, alla ASL, alla Croce Rossa? Come mai, da vero giornalista, non è ancora venuto a verificare di persona ? O forse è meglio far passare l’ idea che tutto è sempre e comunque un “business”, implicitamente così giustificando ogni cinico disinteresse?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Indubbiamente, se i volontari di Gorizia sono a posto - e sicuramente lo sono - non hanno nulla da temere.

Il Piccolo risponderà che è sotto gli occhi di tutti il recente scandalo di Roma.

Succede in ogni ambito, specialmente nel volontariato, gli attacchi arrivano da tutte le parti. Per ora si tratta solo degli attacchi del Piccolo, ma chi ha esperienza di lavoro con i ra vi dirà che presto cominceranno attacchi anche da parte di qs ultimi. Vanno dritti in Prefettura e vi accusano di non dare loro quello che vogliono. documenti, carte, soldi...fanno il vostro nome, lo mettono per iscritto, fanno tradurre con l interprete e il fascicoletto è aperto in Prefettura a vostro carico.
Non è facile, il volontariato. Richiede umiltà e forza d animo...

Anonimo ha detto...

Evidentemente ciascuno misura e ragiona con il proprio metro! Marilisa