domenica 29 dicembre 2013

Una storia di Natale

Abdul l'elettricista

di Martina Luciani

“ Disinfettate i sedili della macchina! ” ha lanciato come un sasso l’operatrice della Caritas di Gorizia mentre portavamo via Abdul, la mattina del 27 dicembre, ospitato a forza la sera del 26 per trascorrere la notte nella struttura di piazza Tommaseo.  Spiego cosa vuol dire“ a forza”, e ringrazio don Ruggero Di Piazza, che se non c’era lui la forza mia e della mia famiglia non bastava per affrontare questa piccola ordinaria storia di immigrazione e disperazione.
L’immigrato kashmiro , Abdul, di professione elettricista, trovato il pomeriggio di Santo Stefano sotto la pioggia battente, in Corso Italia, confuso dopo una notte trascorsa accucciato in un cabina telefonica, portato a casa nostra rivestito di panni asciutti, non sapeva dove ripararsi.  Scopriamo, alle 7 e mezzo di sera, che non ha diritto e la possibilità di rifugiarsi nemmeno sotto quel tetto  che dovrebbe reggersi su pilastri chiamati carità, fraternità, condivisione, aiuto, comprensione. Un tetto che “
offe un luogo dove dormire a uomini che si trovano senza dimora”. E per il quale magari noi riteniamo significante effettuare donazioni, o assegnare l’8 per mille . Tuttavia la legge dell’ente  - che, ricordo, è  emanazione della Chiesa e non della Lega Nord -  dice che per essere accolti in Dormitorio bisogna rivolgersi al Centro di Ascolto diocesano: operazione molto difficile se arrivi a Gorizia la notte di Natale, se non hai una piantina con cui orientarti e se sei stanco morto.
“ Le regole sono fatte per gli uomini e non contro gli uomini”: è molto severo don Ruggero , cui chiedo aiuto, suonando alla sua porta nonostante le nostre reciproche, insormontabili e cordiali diffidenze. Lui mi apre e appena sentita la storia comincia a far bollire il telefono per aiutarmi.   Comincia proprio con il volontario che  poco prima aveva respinto Abdul, e me che intercedevo per lui.  A costui avevo  mostrato documenti che i Carabinieri di Gorizia, interpellati durante il pomeriggio e ricevuti in casa mia  mentre Abdul mangiava e tentava di spiegare la sua situazione, avevano ritenuti sufficienti per legittimare l’attesa, in territorio italiano, fino all’appuntamento fissato dalla Polizia di frontiera per il  giorno 27, all’Ufficio immigrazione, per l’inizio della pratica di richiesta dello stato di rifugiato politico: ma all’ ufficio della Caritas di via Vittorio Veneto Abdul non c’era andato, e quando ci sono andata io, ovviamente era chiuso. E proprio costui, visto che io protestavo che non si poteva lasciare un ragazzo sotto la pioggia tutta la notte,  mi aveva diffusamente spiegato che questi immigrati sono dei furbacchioni, sanno bene dove andare, e sono capaci di tutto.  Non  riusciamo a identificare in questo modo Abdul, che tutto quel che ci chiedeva era come trovare un posto dove dormire, che si è schernito davanti al cibo che gli offrivamo, che al momento di uscire da casa nostra, dopo alcune ore passate a farci vedere foto di nipotini sul cellulare, voleva restituire i panni  che gli avevamo dato per mettere ad asciugare i suoi abiti bagnati.
Don Ruggero non molla. Così  riusciamo a far accogliere Abdul, gli evitiamo un’altra notte allo sbando. Non riceve la colazione, ma perché mai sprecare una tazza di caffelatte per uno che è un uomo ma, qui e ora, lo è un po’meno di altri uomini?


Arriva la mattina del 27: si va a prendere Abdul in piazza Tommaseo per portarlo alla Polizia di Frontiera, che non si perda un’altra volta sennò son guai grossi.
Lui ci aspetta, e c’è sul portone anche una donna, si definisce responsabile della struttura, lì apposta per noi,  per dedicarci una nuova e ulteriore reprimenda. Ma ormai ce ne importa un fico secco, di quel che dice questa esponente di una Chiesa/Organizzazione che sta festeggiando la sua Natività: inutile opporre principi umanitari a chi non ha percepito l’etimologia più comune della parola “caritas” ( e coglie  evidentemente il significato di “caro prezzo di qualcosa”).
Ho riportato all’inizio suggerimento igienico sanitario ricevuto come saluto.

P.S. La Polizia di Stato e i funzionari preposti alle problematiche dell’immigrazione ci hanno aiutato con gentilezza in tutti i modi possibili, non ci hanno trattato con disprezzo e non ci hanno suggerito di mollare Abdul l’elettricista al suo destino.  Non si sono nemmeno allarmati se nostra figlia sedicenne faceva da mediatore culturale improvvisato, insieme a un maestro elementare in fuga dal Pakistan e in mezzo ad un eterogeneo gruppo che attendeva davanti all’Ufficio di Casa Rossa .  Abdul ora è sistemato e può attendere in condizioni dignitose il 10 gennaio, quando lo riporteremo all’Ufficio immigrazione per la prosecuzione delle pratiche che lo riguardano.

giovedì 26 dicembre 2013

Tavoli e panche da sagra in pieno Corso

Commercio e decoro


di Marilisa Bombi 

La Giunta ha deciso di commercializzare lo spazio “pubblico” ma lo fa a vantaggio degli esercenti e di chi passa le ore al bar. Non certamente a favore dei cittadini, nel loro insieme, ai quali viene negato il diritto di “godere” della cosa pubblica! Insomma, l’ipotesi che tavolini, sedie salotti facciano la gioia del turista in città e creino una maggiore fruizione degli spazi urbani, come afferma la delibera della Giunta municipale n.118 del 30 maggio di quest’anno, sarà anche una convinzione dell’Amministrazione, ma non la si può certamente “vendere” come beneficio ai cittadini dal momento in cui per il normale pedone diventa quasi impossibile percorrere i marciapiedi dei viali principali.

Tra decoro ed uso pubblico
Da vent’anni in qua non si è mai, formalmente, deciso nulla in ordine ai vari gazebo posizionati nei controviali del corso principale. Ci sono state soltanto mere dichiarazioni di intenti. Ma la Giunta municipale, alcuni mesi fa, ha deciso di aumentare le possibilità per bar e ristoranti, di sistemare all’esterno del locale, tavolini, sedie ed ombrelloni. Che Dio ci aiuti! Mentre il Comune di Venezia ha avviato in accordo con la locale Soprintendenza ai beni culturali ed architettonici un progetto di qualificazione degli arredi per bar e ristoranti, individuando le tipologie ammesse e mettendone gli esempi on line, e il Ministro per il Beni e le Attività Culturali, proprio un anno fa, ha emanato una Direttiva finalizzata a rafforzare le misure di tutela nelle aree pubbliche utilizzate a fini commerciali, a Gorizia si naviga a vista. E dire che la Direttiva, efficace su tutto il territorio nazionale, ha come obiettivo proprio quello di valorizzare il nostro patrimonio architettonico.

L’arredo urbano
Un salotto a cielo aperto è certamente gradevole e va doverosamente espresso plauso nei confronti di quelli esercenti che, con il loro investimento, hanno migliorato complessivamente l’immagine dei controviali di Corso Italia. Tuttavia, a tale proposito, non ci si può non chiedere se le scelte operate sono state concordate con la Soprintendenza, in forza della sua esclusiva competenza. E ci si riferisce non soltanto alle tipologie di arredi o di ombrelloni, ma anche ai luoghi sottratti all’uso pubblico e che il Comune concede per uso privato. Per quanto riguarda gli elementi di arredo, l’interrogativo parte da un elemento oggettivo (o forse soggettivo) connesso al fatto che non tutti gli elementi posizionati possono vantare una pari qualità che dovrebbe essere imposta, trattandosi del salotto “buono” della città. L’opportunità di un dialettico confronto con gli uffici istituzionalmente preposti parte da un banalissimo sillogismo: se gli organi del Comune non rispettano le regole procedurali previste dalla legge (vedi art. 52 del codice Urbani d.lgs 42/2004) come si può pretendere che, invece, rispettosi delle regole siano i semplici cittadini che non hanno alcuna responsabilità nella gestione della cosa pubblica?

martedì 24 dicembre 2013

E' Natale!

Nulla ci viene risparmiato, in questi tempi magri

di Martina Luciani


Lo sfarzo delle costose luminarie su  vie impoverite (mentre un comune virtuoso  a pochi chilometri da noi taglia le luci natalizie per finanziare il fondo di solidarietà), il gazebo della protesta tenacemente davanti al Municipio che si fa bello con la facciata ad effetto, l’ondata di extracomunitari in giro per le vie addobbate a festa a ricordarci quanto è preziosa la pace e la democrazia in cui viviamo, gli sconti nelle vetrine, i negozi  dove non si fa la fila nemmeno gli ultimi giorni prima di Natale.
Ma il clou di questo dimesso Natale è il presunto mercatino: dove i biscotti alla cannella, l’oggettistica artigianale, i profumi di spezie, le golosità delle feste mitteleuropee, le tentazioni di salse agrodolci, liptaurer, kren,  le decorazioni e  le melodie tradizionali?
Improvvisati gazebi, nel disordine più totale e nella fanghiglia dei lavori in corso, mozzarelle e caciocavallo, effluvi di pecorino, sciarpe che penzolano appese in tutta la loro modestia acrilica e berrettini da babbo natale con le lucine, solito odore di carni che sfrigolano sulla griglia, pani pugliesi che si ammorbidiscono nella nebbia, venditori  intirizziti e senza clienti, che si guardano attorno delusi  senza nemmeno tentare più di richiamare i passanti frettolosi.
Tutto ciò è mancanza di organizzazione, o di buon senso, o di buon gusto o è proprio un vuoto culturale in cui ci si inabissa stringendo un bicchiere di vino come ultima risorsa dialettica e progettuale?

martedì 17 dicembre 2013

Nuovo nato in Regione


Rinnovata la Commissione paritetica


di Marilisa Bombi

Chissà se la nuova Commissione paritetica riuscirà laddove le precedenti sono fallite? Domanda di riserva: perché le regioni ordinarie hanno più competenze rispetto al Friuli Venezia Giulia nonostante il fatto che quest’ultima sia a “statuto speciale”.

E’ dal 1998 e, quindi, da ben quindici anni che sto cercando di trovare una risposta alternativa ad un interrogativo che risulta addirittura banale nella sua semplicità: i suoi componenti che nel tempo si sono succeduti,evidentemente, sono disinteressati alla questione.

Sta di fatto che, come informa l’Agenzia della Conferenza delle regioni “Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Graziano Delrio, ha provveduto alla nomina delle Commissioni paritetiche delle Regioni a statuto speciale Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Fanno parte della Commissione paritetica del Friuli Venezia Giulia: Riccardo Illy, Elena D'Orlando, Luciano Vandelli nominati dal Governo e Leopoldo Coen, Daniele Galasso, Ivano Strizzolo nominati dalla Regione Friuli Venezia Giulia. […] Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha sottolineato che "Riccardo Illy darà alla Commissione paritetica un importante contributo di concretezza ed equilibrio". "Il profilo rigorosamente istituzionale e la visione autenticamente federalista - prosegue Serracchiani - fanno di Illy realmente la persona giusta al posto giusto. Abbiamo bisogno di ridare autorevolezza a un organo cui e' demandata l'attuazione del nostro Statuto di autonomia, e ne abbiamo particolare bisogno in questo momento, nel quale la situazione emergenziale potrebbe indurre i poteri centrali dello Stato a minimizzare ruolo e perimetro della specialita' regionale. Illy, Vandelli e D'Orlando - conclude - saranno ottimi interpreti di un corretto rapporto tra lo Stato e il Friuli Venezia Giulia".

Nel 1977 e nel 1998 lo Stato ha trasferito ai comuni diverse delle funzioni esercitate dallo stesso, in forza del principio costituzionale di valorizzazione delle autonomie e di sussidiarietà verticale. Le funzioni trasferite agli enti locali con l’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 616/1977 nel Friuli Venezia Giulia sono state attuate soltanto con il dPR 15 gennaio 1987, n. 469 “ Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia.” In pratica con 10 anni di ritardo.

Successivamente, sempre nell’ottica dei sopraindicati principi, un’ulteriore attribuzione di funzioni a livello decentrato (sull’onda lunga del federalismo) è avvenuta con il decreto legislativo 112/1998, ovvero quindici anni fa. Per tutte le regioni ordinarie ciò è avvenuto immediatamente. Nel Friuli Venezia Giulia è necessario che la Commissione paritetica trovi un accordo per il trasferimento oltre che delle funzioni anche delle risorse per esercitarle.

Ogni considerazione (mia) potrebbe essere superflua ….. Ciò in quanto la notizia si commenta da sola.

lunedì 16 dicembre 2013

Gli uomini del Presidente

Il Sottosegretario che non molla!

di Marilisa Bombi


Oggi ci vogliamo occupare di Vincenzo De Luca. Non il simpatico concittadino che per diversi anni ha tenuto aperto al pubblico un negozio di abbigliamento prevalentemente per uomo, dove era possibile acquistare, a prezzi ragionevoli, anche prodotti griffati. Bensì di quel Vincenzo De Luca (Ruvo del Monte, 8 maggio 1949) al quale Wikipedia dedica una pagina ben strutturata.
Ci dice, infatti che “è un politico italiano, già deputato dal 2001 al 2008. Sindaco in carica del Comune di Salerno, è stato rieletto per la quarta volta alle elezioni comunali del 16 maggio 2011 ottenendo oltre il 74% dei consensi, risultando il sindaco di un comune capoluogo più votato in Italia. Ha già ricoperto la carica di sindaco della città campana ad interim da maggio a luglio del 1993 e, successivamente, da dicembre 1993 a maggio 2001 (due mandati), e da giugno 2006 a maggio 2011.

Aderisce in gioventù al Partito Comunista Italiano, di cui diverrà segretario provinciale. Confluito nel PDS, sempre da segretario provinciale del partito, esordisce nel 1990 al consiglio comunale salernitano, con il ruolo di vicesindaco ed assessore nella giunta Giordano. A seguito delle dimissioni del sindaco, dopo aver traghettato ad interim l'amministrazione municipale alle successive elezioni, è eletto sindaco nel 1993 e, al termine del mandato quadriennale, riconfermato nel 1997 per altri cinque anni. Come esponente prima dei DS e successivamente del PD, è deputato nella XIV e nella XV legislatura. È rieletto sindaco nel 2006 e, nel 2010, candidato del centrosinistra a presidente della regione Campania. Nel 2011 è riconfermato sindaco per il successivo quinquennio.

Il 2 maggio 2013, è nominato sottosegretario al ministero delle infrastrutture e dei trasporti del governo Letta.”

Che brav’uomo verrebbe da dire! Ed è per questo motivo che non è nostra intenzione fare del facile scandalismo (o moralismo) riportando le notizie amplificate dai media relative ad avvisi di garanzia notificati allo stesso a fronte di presunti abusi. Non sprechiamo parole a tale proposito. Ciò in quanto si sa, un avviso di garanzia non si nega a nessuno. Di mezzo ci sarà, eventualmente, un rinvio a giudizio, un dibattimento, qualche sentenza e quindi se ne potrà riparlare in futuro.

Ciò di cui, invece, vogliamo parlare è di un fatto che anche Wikipedia riporta, in conclusione alla sua biografia, e che si può definire il classico argomento da scontro in piazza tra gli opposti schieramenti.

E’ di questi giorni la notizia che l'Antitrust ha stabilito che le cariche di sottosegretario e sindaco sono incompatibili ed ha ordinato a De Luca di decidere su quale poltrona vuole sedere. Ciò in quanto l’amato Sindaco vorrebbe mantenerle tutte e due sta cercando, quindi, di tergiversare in un modo che ciascuno ha la possibilità di giudicare leggendo la delibera che l’Autorità antitrust ha pubblicato ed inviato il Comune di Salerno.

L’interrogativo che ciascuno di noi dovrebbe porsi (e che certamente si pone) è come sia possibile che in questo martoriato paese, Enrico Letta non abbia ancora preteso il rispetto della legge, ovvero non abbia, ancora, ritirato la delega al sottosegretario che non riesce a decidersi se stare di qua o di là, o meglio al centro o al sud!

Probabilmente di situazioni analoghe a queste ne esistono tantissime. Ma questa, a mio avviso, fa notizia proprio in relazione alla stima che i cittadini di Salerno hanno dimostrato di riporre nel loro sindaco visto il numero di preferenze che ha ottenuto anche alle ultime elezioni. Una stima, una fiducia che, comunque, non sono state sufficienti a rimuovere l’incertezza che il Garante antitrust ha fatto venire a galla.... e che dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, che la casta non molla mai.

giovedì 12 dicembre 2013

Spine nel fianco di oggi


Interrogativi sulle orde di spendaccioni al Tiare


di Martina Luciani



“In questa settimana al Tiare sono state contate più di 160.000 presenze. Un numero altamente significativo. La stragrande maggioranza di queste persone è di fuori provincia, quindi un bacino commerciale che il nostro territorio ha normalmente contattato molto poco. Può essere che io sbagli e che questa non sia una occasione per tutto l'isontino, come invece penso che sia, ma rimane comunque il tema di come dirottare  una parte di questo flusso nel nostro territorio…..a di come dirottare una parte di questo flusso sul nostro territorio, prima o dopo il Tiare. “

Questo è l’incipit dell’intervento del presidente della Provincia di Gorizia nel suo profilo FB. Il resto del discorso non ci fornisce alcuni dati fondamentali. Qual è l’impatto ambientale di 160 mila  persone arrivate in macchina a Villesse? Quanta CO2 produce questo movimento di popolo?  Quante risorse e suolo cementificato sono stati pagati dal territorio per accogliere questa frotta di consumatori? Come vengono trattati i rifiuti e gli scarichi fognari prodotti? Quanto hanno speso le 160 mila persone nei negozi del Tiare e nei negozi, ristoranti e bar del territorio?


I forconi a Gorizia




Che nella sonnacchiosa e tiepida Gorizia da giorni, con diligenza e metodo, si riproponga  la protesta che chiamiamo dei “forconi” è un fenomeno che richiede particolare considerazione.

Ieri,  Repubblica TV, Maurizio  Landini si diceva inquieto per il fenomeno che dilaga ovunque e assume forme anomale come quelle riferite su Monfalcone, dove secondo Landini stesso, sono gli stessi imprenditori di ditte appaltatrici della Fincantieri che consigliano ai dipendenti di scioperare. Certo che bisogna essere inquieti, anche di più, soprattutto se ci cerca di capir bene gli obiettivi che confluiscono da diverse origini in un unico calderone. Ad esempio, dalla pagina (uno dei tanti siti cui attingere) http://frontediliberazionedaibanchieri.it/2013/11/9-dicembre-il-perche-della-mobilitazione-nazionale.html: "Che l'attuale classe politica, presidente della repubblica compreso, istituzioni infiltrate dai partiti ladroni, si dimettano ed abbandonino le posizioni. Da quel momento vi sarà un periodo transitorio in cui lo stato sarà guidato da una commissione retta dalle forze dell'ordine trascorso il quale si procederà a nuove votazioni. Durante questo periodo di transizione verranno prese le seguenti misure di urgenza: ristampare la lira per finanziare senza creare debito la spesa produttiva statale; rescissione di tutti i trattati che ci vincolano con l'Europa delle banche."

Ho personalmente chiesto ad una dimostrante, che cortesemente, l’altra sera, mi invitava ad unirmi al corteo, se fosse a conoscenza di questi concetti: mi ha risposto serenamente che non ha importanza, basta cambiare.

Ma la casta trema? Se non per senso di responsabilità verso un Paese stremato (stordito e ridotto a preda ignara dei manipolatori delle masse) almeno per timore del piedestallo che traballa?

mercoledì 11 dicembre 2013

“Casta” suo malgrado

La casta non è casta!


di Marilisa Bombi



Avete presente l’operaio che si ritrova a casa, spiazzato, perché la sua fabbrica ha chiuso? E si ritrova con il mutuo da pagare (o l’affitto il che è la stessa cosa)? Bene: tra lui ed il parlamentare o il consigliere regionale che sta per finire il mandato, sotto un certo punto di vista, c’è poca differenza. Perché ambedue saranno costretti a cambiare stile di vita: il primo per disperazione, il secondo, ahimè, per rabbia. Ma è comunque un sentimento di bisogno. Ed il bisogno, si sa, aguzza l’ingegno.

Ovviamente oggi non ci occupiamo dell’operaio che, abituato a lavorare e molto probabilmente sodo, potrà esibire un curriculum di tutto rispetto. Oggi ci occupiamo della casta dei politici, ovvero di quel gruppo di persone  che si considera, per nascita o per condizione, separato dagli altri, e gode o si attribuisce speciali diritti o privilegi, (cfr. treccani.it).

Ma quanto casta può essere una casta che non lo è affatto? La risposta è nel dovere di distruggere l’ossimoro che, fino ad oggi, ci ha fatto ritenere lecito ciò che non lo è: quell’insieme di soggetti che per una concomitanza di circostanze fortuite escono dal gruppo e vengono a comporre un nuovo insieme che nulla ha a che vedere con la società. Un esempio eclatante, a tale proposito, è stata la proposta di alcuni consiglieri del Pdl che nei mesi scorsi hanno presentato un disegno di legge per la istituzionalizzazione del lobbismo ed hanno ritenuto irrilevanti gli omaggi offerti a politici e funzionari che non superano i 500 euro. Importo superiore alla pensione sociale ed anche a quella di tanti artigiani. Fatto questo che dimostra quanto la casta sia diventata autoreferenziale e distante mille anni luce dalla vita della gente normale.

E questo è il nocciolo della questione. Le indennità, stipendi, retribuzione che dir si voglia che vengono, allo stato attuale, riconosciute a consiglieri regionali, parlamentari e a tutta quella pletora di enti di sottogoverno che consentono di far sopravvivere la casta in questione, sono moralmente abominevoli. Insomma, se fino a qualche anno fa, ovvero quando la crisi non c’era ancora e ciascuno si faceva gli affari propri, potevano non rappresentare uno scandalo, oggi che la situazione è mutata non si può più ignorare ciò che scandaloso è diventato. Perché le migliaia di euro che vengono erogate non possono trovare giustificazione nel lavoro che dagli stessi viene svolto e sono, peraltro, incostituzionali. Ciò in quanto, nonostante il principio di eguaglianza, tutelato dalla Costituzione, contribuiscono a formare la casta che lotterà con i denti, in maniera lecita ed illecita, per mantenere il proprio status quo. Gli esempi si contano a iosa come settimanalmente i vari Report, Ballarò ecc. ci dimostrano.

Insomma, la casta (qui ci andrebbe la maiuscola ma mi viene la pelle d’oca al solo pensarci) non è per nulla casta nell’accezione comune del termine, ovvero pudica, misurata, morigerata, per bene, irreprensibile, riservata e così via. Tutt’altro. E’ arrogante, prepotente, impudente ecc.

E quindi, se la nostra Costituzione non è un insieme di principi buttati lì (come ritengo non lo sia) va rimosso ogni privilegio immotivato che ha consentito il formarsi della casta: dalle super indennità, ai benefit che vengono erogati ai soggetti che fruiscono di condizioni agevolate da parte dello Stato, al cumulo delle pensioni per migliaia di euro ecc. ecc. ecc.

I forconi sono in agguato. Cerchiamo di non dare a loro ragione perché siamo convinti che, in democrazia, ci sia ancora spazio per il dialogo.



martedì 10 dicembre 2013

La stagione delle opere al Kinemax

Vado all'opera!

di Martina Luciani

Nella convinzione che il reticolo delle strade della città e le intersezioni delle piazze,  le architetture e gli scenari urbani  siano il contesto più sensato e a misura d’uomo per  attività commerciali di qualità, per l’artigianato dedicato al nostro vivere quotidiano, per i servizi alla persona,  per le relazioni tra i cittadini, per le proposte culturali e per quelle dedicate allo svago, facciamo una pubblicità sfacciatissima e convinta all’iniziativa che il Kinemax di Gorizia, resistendo alla concorrenza del multisala di Villesse e contribuendo alla valorizzazione del patrimonio lirico e musicale, ha riproposto, dopo il successo dell’anno scorso, da qualche giorno nel Palazzo del Cinema.
E cioè “La stagione delle opere”, seconda edizione della programmazione di grandi opere in diretta dai palcoscenici di tutto il mondo, e “I balletti dal Bolshoi”.
La scorsa settimana, è stata presentata “La Traviata” , in diretta dal Teatro alla Scala di Milano. Dal 17 dicembre, al programma dedicato alla lirica si interseca quello del balletto, con quattro differite satellitari  
dal tempio della danza classica, il Bolshoi di Mosca. Primo appuntamento con Teatro La Bella Addormentata di Pëtr Il'ič Čajkovskij, il 14 gennaio 2013 Il Corsaro e il 18 marzo 2014 Illusioni Perdute, entrambi con le note di Adolphe Adam. Tutti i balletti trasmessi vedono la partecipazione dell'Orchestra del Bolshoi Teatro Accademico di Stato, i solisti e il Corpo di Ballo del Bolshoi.
Le opere riprenderanno ai primi di febbraio:  Madama Butterfly  di Giacomo Puccini dal Teatro Regio di Torino, Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti dal Teatro alla Scala , Il Principe Igor di Alexander Borodin  dal Metropolitan Opera di New York,  La Bohéme di Giacomo Puccini dal Regio di Torino , l’Otello di Giuseppe Verdi dal San Carlo di Napoli , Così Fan Tutte di Wolfgang Amadeus Mozart e Cenerentola di Gioacchino Rossini dal Metropolitan Opera di New.
Vediamo  i prezzi.  
PER L'OPERA: Biglietto intero: 15,00 €; Biglietto ridotto: 12,00 €; Biglietto per gruppi di almeno 10 persone, abbonati Kinemax e per convenzionati: 10,00 €Abbonamento a 8 opere: 72,00 €.
PER I BALLETTI DAL BOLSHOI: Biglietto intero: 15,00 €; Biglietto ridotto: 12,00 € Biglietto per gruppi di almeno 10 persone, abbonati Kinemax e per convenzionati: 9,00 € .Il balletto dal Bolshoi è fuori abbonamento. Si può prenotare al numero 0481-530263 durante l'orario degli spettacoli senza nessun costo aggiuntivo. I biglietti prenotati possono essere ritirati alla cassa fino, e non oltre, a 30 minuti prima dell'inizio dello spettacolo.

Lettera aperta al presidente della Provincia

La Direzione del Kinemax in merito all'intervista del Piccolo al Presidente della Provincia



Caro Presidente,
mi è stato riferito che all'inaugurazione di quel Parco Commerciale a Villesse tu abbia detto “nella patria del no se pol, noi abbiamo fatto”.
Non so a che terra ti riferisci, perché io abito nella terra dei “se pol”. Ti ricordo che oltre ad orga...nizzare da anni una manifestazione cinematografica e di averla portata a livelli internazionali, dirigo anche una società che dal ’96 non ha fatto altro che investire sul territorio.
E proprio dal '96 la nostra società ha investito cifre importanti sul territorio per “garantire” ai suoi cittadini due Cinema di qualità, due punti di aggregazione culturale molto importanti.
A Gorizia, investendo sul Palazzo del Cinema-Hisa Filma dove nel corso degli anni hanno trovato sede il Dams Gorizia – Università di Udine e la Mediateca che guarda caso si chiama Mediateca Provinciale, che oltre ad essere ormai una struttura di servizio di alto livello per il cittadino è completamente gratuita, e tutto questo assieme al Kinemax crea un indotto di “giro” di oltre 200 mila presenze.
Ti ricordo inoltre che al Kinemax di Monfalcone che conosci bene, siamo riusciti addirittura a creare una lista d’attesa – unici nel Triveneto in questa impresa - per le proiezioni live con le opere, vedi ultimo esempio proprio sabato scorso con la prima della Traviata (c’era la concorrenza di Rai 5 ma abbiamo fatto lo stesso sold out).
Questo è per dirti che gli investimenti continuano a portare frutti, soprattutto DI QUALITA'.

Non da ultimo, proprio in questi giorni, è stato avviato un progetto di restyling su Gorizia e Monfalcone per aumentare la qualità dei Kinemax (dall’audio, alle poltrone, all’atrio e a migliorare i servizi, ecc)

Ti scrivo questo per dimostrarti che il popolo goriziano ama la propria città, stessa cosa a Monfalcone e negli altri comuni della Provincia, e non hanno bisogno di centri commerciali a distanza per essere attratti. E oggi nei centri storici, ti informo perché forse non sei aggiornato, sono già nate delle iniziative (a Gorizia Casa Zoran in via Rastello, Le Nuove vie centro naturale commerciale in città, a Monfalcone Viva il Centro iniziativa anche questa che sta andando molto bene) e tante altre cose.

Possibile che il FVG non abbia altre attrazioni? Mi spieghi che cosa significa che nelle città (quindi immagino Gorizia e Monfalcone) non ci sia qualità nelle proposte commerciali? Quindi vuol dire che tutto quello che c’è adesso non ha qualità? Poi mi dovresti spiegare quella frase molto cinematografica alla John Wayne “tutto il mondo non voleva che fosse l'Isontino ad ospitarlo...”.

Ma tutti i milioni e i milioni di milioni che sono stati investiti per la valorizzazione dei centri storici cosa sono serviti se poi scopro che affermi che “il Parco Commerciale è la più grande attrazione del Fvg”? Guarda l'esempio di Piazza Vittoria a Gorizia: taglio dei parcheggi per dare spazio al salotto bello del centro storico del nostro capoluogo di Provincia. Come è andata a finire? Inoltre mi potresti spiegare la frase “ma noi abbiamo vinto”? Chi sono questi noi? Ci sono anche le migliaia di attività commerciali dei centri storici?
Ancora una domanda, qual è il vero motivo di questa euforia?
Caro Presidente, inoltre, c’è un controsenso. Se tu affermi che le città devono alzare il tiro per offrire qualità (boutique eno-gastronomiche di alto livello?), allora l’offerta del Parco Commerciale non è di qualità?
Comunque ripeto non so di che terra parli, ma io sto collaborando ultimamente con delle entità e degli imprenditori commerciali della Provincia di Gorizia che ti assicuro sono di alta qualità.
E come avevo già dichiarato proprio recentemente ci sono ancora imprenditori e persone che vogliono investire con piacere e passione per il rilancio di questa nostra Provincia.

Caro Presidente sappi che se le cose dovessero andare male ai Kinemax, sarò ben lieto di bussare al tuo ufficio in quanto conscio del fatto che sarai in grado di risolvere i nostri problemi economici.

Giuseppe Longo
Direttore Transmedia


L'intervista alla quale si fa riferimento è disponibile all'indirizzo:
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2013/12/09/news/gherghetta-tiare-e-la-piu-grande-attrazione-del-fvg-1.8261999 

lunedì 9 dicembre 2013

Stop alla prostituzione sulla strada!

Riaprire le case chiuse per combattere lo sfruttamento della prostituzione, sopratutto minorile


di Rodolfo Ziberna
(consigliere regionale PDL)



Nel 1987 avevo redatto e presentato per il tramite di un parlamentare una proposta di legge nazionale, che aveva lo scopo di disciplinare il fenomeno della prostituzione - femminile e maschile - al fine, soprattutto, di arginarlo e di combattere il suo vergognoso sfruttamento da parte di quell’indotto criminale che, senza scrupoli, non esita a coinvolgere anche minorenni, ad usare la violenza fisica, il terrore e ad investire il profitto di questa attività criminale in altre attività illecite.

         L’iniziativa era supportata anche da un sondaggio, condotto nei quattro capoluoghi della nostra regione, dal quale emergeva che l’80% degli intervistati sarebbe stato favorevole alla riapertura delle  “case chiuse”.

         Già in quell’epoca il fatturato complessivo della prostituzione in Italia superava i centomila miliardi di lire all’anno e coinvolgeva oltre cinquantamila donne, tra professioniste e saltuarie. Oggi, naturalmente, questi dati sono largamente superati.

         Dopo alcuni mesi di interesse dei media nazionali e regionali, l’argomento è rientrato nel dimenticatoio nazionale. Forse i tempi non erano ancora maturi.

         La politica adottata dai Governi nazionali è sempre stata quella del “non vedo, non sento, non parlo”, preferendo negare l’esistenza di un fenomeno che stava dilagando, anziché affrontarlo.

         Oggi è ora di dire basta. Alla prostituzione “nostrana” si è aggiunta in misura rilevantissima quella extracomunitaria, portando con sé una scia di criminalità e di sfruttamento oltre ogni limite di tollerabilità per qualsiasi società civile. E’ un fenomeno gigantesco che coinvolge circa 50-70.000 prostitute, di cui la maggior parte straniera, con un fatturato superiore ai 5 miliardi di euro.

         Gli interventi da adottare, che competono per legge solo al Parlamento nazionale, devono prioritariamente mirare ad impedire, con un inasprimento delle pene, la piaga della prostituzione minorile e dello sfruttamento e dell’induzione di ogni forma di prostituzione. Quindi vanno create le condizioni affinché chi si prostituisce possa scegliere diverse opportunità.

         I sindaci delle città maggiormente colpite da questo fenomeno, stante l’inefficienza ed inerzia dello Stato, sono costretti ad adottare misure che rientrano nelle rispettive competenze (contravvenzioni ai clienti per rallentamento del traffico, allontanamento delle prostitute dalle strade del territorio municipale, ecc.), ma che non affrontano alle radici il problema e rimangono relegate tra le notizie “curiose” o provocatorie.

         Il fenomeno della prostituzione, per la sua complessità e per gli aspetti che esso coinvolge, suscita comprensibilmente diversificate reazioni. Personalmente ritengo che la prostituta non solo non vada criminalizzata, ma vada invece tutelata e, soprattutto, difesa da chi la sfrutta o da chi la induce a prostituirsi contro la sua volontà.

         E’ solo a causa di una consolidata ipocrisia che nella nostra società, indubbiamente ancora permeata da un radicato maschilismo, la prostituta viene vista come una reietta della comunità.

         Nell’indagine che avevo svolto era emerso che la maggior parte delle prostitute intervistate aveva scelto quella professione non per mancanza di altre opportunità professionali, bensì perché immensamente più remunerativa. La loro aspirazione era quella di esercitare per alcuni anni, quindi di esercitare altre attività con il ricavato della prostituzione.

         Vi sono lavoratori che vendono le proprie braccia, il proprio ingegno, la propria abilità professionale o artigianale ed altre, come le donne e gli uomini che si prostituiscono, che offrono a chi lo chiede la propria compagnia e prestazioni sessuali. E’ solo frutto di falsa ipocrisia e di retaggio culturale continuare a criminalizzare chi si prostituisce per libera scelta. E, ma solo incidentalmente e marginalmente perché non è questa la ragione primaria, non va sottovalutata l’opportunità di tassare questi profitti, che porterebbero all’erario diversi miliardi di euro all’anno!

Una prostituta tedesca o olandese è una lavoratrice a tutti gli effetti: paga le tasse, è sindacalizzata ed ha persino la possibilità di denunciare comportamenti dei propri clienti ritenuti ai limiti del possibile. Una prostituta italiana lavora a nero, è sfruttata da cartelli criminali e non ha garanzie di alcun tipo, prima tra tutte quella di ribellarsi a soprusi o denunciare atti illegali. E’ vittima della criminalità, ma anche del suo stesso Paese, che chiude gli occhi davanti al problema, riducendo il mercato nero della prostituzione allo stesso livello del mercato nero delle droghe.

         E’ difficile per la nostra politica nazionale ergersi ad argine della moralità pubblica, mentre i suoi protagonisti offrono una immagine di sé assai più “immorale”. Lo stesso Stato che fabbrica quelle sigarette che producono 80 mila morti all’anno solo in Italia o che legalizza il gioco d’azzardo che crea dipendenza e che ha gettato migliaia di famiglie nella disperazione non può essere lo Stato che si erge a paladino della moralità! E poi, chi è più immorale tra chi si prostituisce ed un colletto bianco di una multinazionale o di una banca che fa fallire aziende e provoca il suicidio di imprenditori o manda famiglie sul lastrico?!

         La nostra Regione, ora, vista l’incapacità dello Stato, potrebbe promuovere un referendum abrogativo della Legge Merlin e porre in essere accorgimenti non che possono risolvere il fenomeno, stante la sua incompetenza nella materia penale, ma quantomeno cercare di affrontarlo in modo organico.

         Attendo di vedere che seguito avrà questa proposta: è facile avere delle idee, ma è molto più difficile avere il coraggio di difenderle!

Il Tiare fa turismo?

Il Friuli Venezia Giulia è molto di più!


di Martina Luciani





“Shopping e buon cibo sono un connubio perfetto in Friuli Venezia Giulia”: ma come è possibile che nella pagina web del Tiare dedicata al turismo locale sia scritta una cosa tanto riduttiva?
Ancora dalla pagina web: “Se volete vivere appieno le tradizioni del Friuli Venezia Giulia, non potete rinunciare ad una sosta in una Osmiza, dove ci si diverte sia per il vino bevuto, sia per l’allegria dei produttori che spesso si mettono a cantare i tradizionali canti in dialetto triestino.”
Di Aquileia: “Completamente rasa al suola da Attila nel 452 e ricostruita intorno all’anno mille, oggi Aquileia è una tranquilla cittadina della provincia di Udine nella quale si svolgono numerosi eventi tra cui vi segnaliamo “A tavola con gli antichi romani”, una manifestazione annuale durante la quale vengono imbandite sontuose cene preparate seguendo le originali ricette dell’antica Roma.” 
Altri argomenti, con i quali si esaurisce la pagina turistica: Grado, la spiaggia, le terme; Miramare e la maledizione del castello (“Forse una maledizione legata alla ieratica Sfinge Egizia che attende, silente sentinella sul molo del porticciolo del Castello, il ritorno di colui che la strappò dalla Terra dei Faraoni per condurla in quel remoto angolo dell’Adriatico?”); Trieste, che “fu il periplum di James Joyce come il Mediterraneo era stato quello di Ulisse; vi navigò per più di dieci anni, conoscendo molte persone che ebbero un ruolo importante nella sua vita.”.
Di Gorizia, sul cui territorio provinciale il Tiare sorge, abbiamo soltanto (e per fortuna) “ Dopo aver visitato la splendida Gorizia” e i “resti” della Prima guerra mondiale, con precisazioni di questo genere e tenore: “Dopo quasi un secolo dal suo inizio, la Prima Guerra Mondiale occupa ancora uno spazio molto importante nella memoria collettiva dei friulani (??? nda). Uno dei motivi è la presenza, sui territori dove è stata combattuta, di innumerevoli tracce e monumenti.”
La speranza vivissima è che l’oltraggio al nostro territorio – ambiente, centri storici, commercio,  tessuto culturale – non infierisca anche utilizzando a fini promozionali  e in modo così maldestro e di pessima qualità  il comparto turistico, il patrimonio d’arte , cultura, storia, bellezze paesaggistiche  della nostra Regione. Meglio sarebbe stato se i responsabili della comunicazione del Tiare si fossero rivolti a Turismo FVG, che sta lavorando per una immagine del Friuli Venezia Giulia di ben altra levatura.

venerdì 6 dicembre 2013

Foto e passioni

Robert Capa a Gorizia

di Martina Luciani


Il Kinemax ha proposto, l’altra sera,  la visione di “ In love and war”, documentario sulla vita del fotoreporter Robert Capa. Iniziativa collegata alla mostra in corso a villa Manin. Ingresso libero (lo può fare solo un cinema di città, e se non è culturale un simile proposta, ditemi voi cos’è), sala 2 quasi piena.
Serata emozionante. Alle prese con un personaggio come Capa, un documentario non può che diventare un film, nel senso che la sua vita è stata un romanzo, un tragico romanzo nell’apocalisse del 900.
Alla fine dei travolgenti novanta minuti di proiezione ti chiedi inevitabilmente: perché non ho potuto conoscere quest’uomo?
E ragioni: gli strumenti tecnici che aveva a disposizione sono oggi quasi da museo. Eppure ogni sua foto è eccezionale. Perché evidentemente non serve Instagram, gli occhi di Capa erano eccezionali ( e bellissimi), e la sua anima esprimeva la generosa follia degli esseri umani che riuscirono a restare se stessi, ad amare, a sognare, ad osare la verità, in epoche - succedutosi nell’arco di pochi decenni senza la pietà di un’interruzione abbastanza lunga che consentisse rigenerazione culturale,sociale e politica -  in cui guerre, genocidi, regimi, cecità collettiva impedivano ai più di sperare e tentare un mondo migliore.
Dopo la proiezione: si esce dal Kinemax, si attraversa piazza Vittoria, il pubblico si disperde, ognuno verso la propria notte e la propria storia. Ma a me è rimasta un’ansia: quell’energia vitale, quella fierezza e quella coerenza ai propri ideali, quel coraggio che portò Capa all’estrema conseguenza di saltare in aria su una mina in Cambogia, tutto ciò appartiene ad un altro mondo? Qui, nella mia allibita città, in questi tempi di nebbia intellettuale e senza sogni, l’approccio esaltante con un personaggio così forte, può sostenerci a sollevare la fronte dalla punta delle nostre scarpe, ben misero orizzonte, e credere davvero in qualcosa?
Per favore, Giuseppe Longo, direttore del Kinemax, fa in modo che “In love and war” lo vedano gli studenti di Gorizia: terminato il documentario, alle mie figlie scintillavano gli occhi…..

Delegittimato il Parlamento?


A proposito della sentenza della Corte costituzionale


di Mauro Barberis
(filosofo del diritto)


Un’amica mi ha chiesto: ma allora, dopo la sentenza della Corte costituzionale, il Parlamento è delegittimato? Le  ho risposto: magari. In realtà, l’unica cosa indiscutibile è proprio questa: no, come ha detto la stessa Corte, purtroppo il Parlamento non è delegittimato, né lo sono, se è per questo, i due precedenti pure eletti con il Porcellum, né tutte le leggi prodotte dal 2006 in poi. Detto in breve e in italiano – ma l’idea è tanto antica che si potrebbe anche dire in latino – neppure Dio può cambiare il passato, facendo che quanto è stato non sia: figuriamoci se può farlo la Corte costituzionale.

Quando ho risposto alla mia amica non avevo ancora letto le reazioni dei partiti: specie quelle dei due partiti padronali, Forza Italia e M5S, entrambi schierati per l’illegittimità del Parlamento e per l’immediato ritorno alle urne. Capisco la delusione forzitaliota, capisco sempre meno, le posizioni di Beppe Grillo: ma non gliel’avevano detto, quando ha invocato il voto con il Porcellum suscitando un pandemonio anche fra i suoi parlamentari, che la legge non avrebbe passato il controllo della Corte? Chi lo consiglia in materia costituzionale, l’avvocato, il commercialista, Paolo Becchi?

Segnalo solo due aspetti di una sentenza che, in attesa delle motivazioni, pare conforme ai precedenti della Corte e in linea con le sue competenze di legislatore negativo, qui esaltate dall’ignavia del legislatore positivo, lo stesso Parlamento. Primo aspetto, è sfuggita al controllo della Corte la vera porcata del Porcellum: il sistema elettorale del Senato, disegnato apposta per garantire sempre almeno il pareggio alla destra e almeno altrettanto irragionevole del premio di maggioranza e della nomina dei candidati da parte dei partiti.
Secondo aspetto, il Parlamento non sarà delegittimato, altrimenti lo sarebbe anche la Corte che ha pronunciato la sentenza, e vivremmo   nello stato di natura: ma, come ripetono Stefano Rodotà e Pippo Civati, non è neppure legittimato, ammesso che lo fosse prima, a intervenire sulla Costituzione forzando l’art. 138. Se riesce ad approvare una legge elettorale decente e magari, sempre rispettando il 138, a cambiare o abolire il Senato, avrebbe già esaurito quella che, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere la sua missione. Il Parlamento successivo avrà compiti ancora più urgenti: ricontrattare con l’Unione europea l’uscita dall’austerità.

Le giravolte del Sindaco

Tiare shopping e dimensionamento scolastico
 
Ovvero le giravolte del Sindaco che sbaglia, fiuta l'aria e dopo un po' si adegua
di Giuseppe Cingolani


Il sindaco Romoli va lodato per la sua elasticità mentale, che lo porta a cambiare diametralmente idea a seconda del mom...ento. Ora annuncia che non parteciperà all'inaugurazione del parco commerciale di Villesse “Tiare Shopping”, perché preferisce promuovere il commercio goriziano. Ma nel novembre 2010, come Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali, fu proprio lui a proporre una deroga al regolamento regionale per le sale cinematografiche, allora in discussione, in modo da permettere l'apertura del cinema multisala di Villesse. Allora al sindaco non interessava se ciò avrebbe messo a rischio la sopravvivenza del Kinemax di Monfalcone e Gorizia, con tutte le attività culturali ad esso correlate. Anche sul dimensionamento scolastico il sindaco ha sciorinato la sua fulminea capacità di adattamento: solo lunedì scorso in Consiglio gli avevo chiesto di prendere posizione contro lo smembramento e la riaggregazione delle scuole goriziane prospettati dalla Provincia. L'assessore Sartori, a nome della Giunta, aveva detto che su questa vicenda l'Amministrazione comunale non avrebbe preso alcuna posizione. Dopo le mobilitazioni dei giorni scorsi, il sindaco fiuta l'aria, si ravvede e annuncia che darà parere negativo. “Vai dove ti porta il cuore”, recitava il famoso libro della Tamaro. Ma se fai politica, sembra suggerire il flessibile comportamento del sindaco di Gorizia, è meglio andare dove ti porta il vento...


da  https://www.facebook.com/giuseppe.cingolani?fref=ts

giovedì 5 dicembre 2013

Ridateci la Morra!

C'è gioco e gioco

di Marilisa Bombi

 E’ più salutare una partita a morra in compagnia o giocare in solitudine con una macchina mangiasoldi? Mentre si fa sempre più accesa la discussione sui danni alla salute (e al portafoglio) conseguente alla invasione sulla piazza dei giochi d’azzardo, leciti perché voluti dallo Stato, regioni e comuni sui quali si riversa il costo sociale della ludopatia, stanno correndo ai ripari per mettere i paletti, fino al punto di premiare con sconti sulle imposte i bar “no slot”. Insomma, un’evoluzione più pragmatica e meno ideologica della protesta “comune denuclearizzato” che nei decenni scorsi aveva indotto tanti comuni ad esporre il cartello sotto il nome della città o del paese all’entrata nel territorio comunale. Una crociata, quella che comuni e regioni stanno portando avanti, che non ha colore ma che vede, invece, contrapposti Stato e regioni. Da un lato lo Stato “biscazziere” che per far cassa aumenta l’offerta di gioco, dall’altro le regioni che cercano invece di porre un freno alla diffusione delle slot, perlomeno fisica, introducendo paletti di vario tipo. Ma al di là delle questioni finanziarie, l’aspetto più eclatante di questa storia infinita alla quale non c’è legge omnibus che non vi aggiunga un capitolo, è che oggi in bar o in osteria non è possibile fare una partita a carte o a morra perché lo vieta il testo unico di pubblica sicurezza. Insomma, non ci si può non chiedere, come sia possibile che lo Stato, quello del Leviatano di Hobbes per intenderci, agevoli il passatempo costoso ed alienante che intrattiene il giocatore davanti alla slot-machine, e contemporaneamente vieti una partita a carte ai quattro amici che si ritrovano al bar o la sfida a morra che molto probabilmente le nuove generazioni, ahimè, non sanno nemmeno di che si tratta, anche se l’origine del gioco si è persa nei tempi. Una incoerenza che, alla fin fine, è emblematica di un Paese, come ha ben descritto Rai Storia in uno speciale sui giochi della scorsa settimana, nello spiegare la differenza tra il totocalcio e lo slot machine: con il totocalcio la motivazione era la speranza, con le slot o vlt che dir si voglia, c’è solo la rassegnazione.